Riccardo Donna, regista di “Io sono Mia”, si augura di avere fatto un film emozionante. “Questa è la sensazione che ho. E’ un film che entra dentro l’anima della protagonista e fa sì che lo spettatore viva con lei le sue emozione e ad un certo punto patteggi per lei e quasi tutti si commuovono verso la fine del film, ad un certo punto scatta, non ho visto nessuno resistere”, commenta. Inizialmente il regista non voleva fare questo film: “Come si fa? Mia Martini… un mostro sacro”. Successivamente Riccardo Donna ha letto la sceneggiatura e si è incuriosito: “Ho cominciato anch’io a studiare…”. Naturalmente, c’era il problema per capire a chi far fare la parte di Mia Martini. Poi il regista ha avuto la possibilità di visionare un vecchio provino con protagonista proprio Serena Rossi: “Quando l’ho vista ho capito che ce l’avevamo… che potevamo fare il film che avevo in mente”.
Riccardo Donna parla di “Io sono Mia”
Riccardo Donna non puntava all’imitazione di Mia Martini. Ed infatti con Serena Rossi è stato fatto un lavoro ben più ampio e profondo: “Quel che volevo io era che Serena diventasse veramente Mia Martini. Quando fai la storia di un cantante devi fare delle scelte e delle rinunce… Mia Martini nel nostro film non canta, canta Serena perché Serena è diventata Mia Martini”. Il regista, prosegue la sua intervista descrivendo le difficoltà e l’entusiasmo nel girare “Io sono Mia”, facendo interpretare a Serena Rossi la parte di Mia Martini. Per farlo, l’attrice si è totalmente immedesimata nei panni della straordinaria interprete calabrese. “Era indispensabile rifare tutto il mondo di Mimì fatto da Serena. Perché altrimenti diventano queste cose miste che secondo me non funzionato. Ho rifatto le copertine dei dischi con la faccia di Serena. Abbiamo rifatto tutte le canzoni, risuonate da zero con gli stessi suoni di allora. Serena le ha potute cantare come le faceva Mimì… ma è Serena”.
Riccardo Donna e lo studio sulla vita di Mia Martini
Riccardo Donna racconta per Repubblica il lavoro fatto anche da Monica Rametta, sceneggiatrice del film. Una fortissima attività di ricerca. “Poi c’è un diario di Mimì che è stato molto d’aiuto per noi. Devo dire che non tutti gli amici hanno collaborato… ma la migliore amica di Mimì e di Loredana, Alba Calìa, ci ha dato preziosi consigli. Loredana naturalmente ha visto il film e l’è piaciuto”. Anche la ricostruzione dell’epoca è stata difficoltosa: “Un’epoca lunga vent’anni, dal ’69 all’89. Sono anni che ho vissuto e ci tenevo a non commettere errori. Ho fatto molta attenzione alla credibilità dell’ambiente musicale che circondava Mimì, dagli studi di registrazione fino al festival di Sanremo”. Per il regista la cosa fondamentale era il coinvolgimento degli spettatori: “Volevo che il pubblico, vedendo il film, sentisse che Mimì fosse con noi. Serena ci è riuscita, senza imitazioni pericolose, ma trovandone l’anima. Filmati, fotografie, tutto quello che c’era in giro lo abbiamo visto. Ogni gesto, ogni sorriso, la postura, il modo di fumare, il trucco i capelli, i vestiti, tutto è stato studiato nei dettagli. Per quei 100 minuti Mia è davvero nel film”.