Lo scorso 11 ottobre è uscito “Matrigna”, il nuovo libro di Teresa Ciabatti, totalmente dedicato alla figlia di otto anni. Si tratta del primo libro dedicato alla piccola Agata Leotti. “E’ il primo che dedico a lei, ma, soprattutto, è il primo in cui scrivo da madre. Finalmente è successo qualcosa nella mia vita che ha reso possibile questo. Non sono nata madre con mia figlia, ci ho messo molto tempo. La consapevolezza di esserlo, di rivestire quel ruolo, è arrivata tardi”, ha spiegato la scrittrice in una intervista all’HuffingtonPost. Agata è stata per lei una figlia fortemente voluta. Prima del suo arrivo la scrittrice desiderava avere tanti figli, alla luce del suo enorme istinto materno. “Per strada mi giravo a guardare i bambini degli altri o quelli dei miei amici quando ero con loro. Pensavo questo, ma il bambino reale è un’altra cosa di cui ci si rende conto dopo, quando subentrano l’angoscia e l’ansia di non esserne all’altezza”, ha però aggiunto. Questa attuale è per madre e figlia una fase particolare in cui entrambe si stanno trovando. “Probabilmente, quelle angosce che avevo quando era molto piccola, torneranno quando avrà 13 o 14 anni, ma a quel punto scriverò un altro libro e quella paura passerà”, ha ironizzato. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



La scrittrice-mamma a Le Ragazze

Teresa Ciabatti è una tra le scrittrici più prolifiche del panorama letterario italiano. Nel 2017 diviene celebre per via della candidatura al premio Strega, in cui conquista la finale (ma non la vittoria) con il romanzo La più amata. Questa sera è protagonista de Le ragazze, il programma condotto da Gloria Guida che racconta le vite di tre donne fuori dall’ordinario. Il percorso di Teresa, a dire il vero, è molto lineare: si laurea a Roma in Lettere moderne, per poi frequentare la scuola di scrittura torinese fondata da Alessandro Baricco. Il primo romanzo, Adelmo, torna da me, risale al 2002, ed è il risultato di un lavoro di tre anni. Dal libro è tratto L’estate del mio primo bacio, il film di Carlo Virzì del 2005. Al 2008 risale il suo secondo successo, I giorni felici (Mondadori). Per Nuovi Argomenti è autrice de I desideri di Rossella O’Hara, il racconto confluito nell’antologia Ragazze che dovreste conoscere (Einaudi). Ne I giorni felici (Mondadori) compare con Benvenuto nella casa delle bambole; nell’antologia Drugs (Guanda), è presente con Il tuffo. Oltre ad occuparsi di scrittura creativa, Ciabatti collabora con svariate riviste di argomento letterario ed è autrice di sceneggiature per il cinema.



L’ultimo lavoro di Teresa Ciabatti

Il suo ultimo romanzo, dal titolo Matrigna, esplora il complesso legame tra fratellastri. I protagonisti hanno madri diverse; loro stessi sono profondamente diversi. Teresa Ciabatti è bravissima ad approfondire la storia di una famiglia, arrivando ad “indagare” in quelle relazioni che spesso fanno male. La morale è che non si dovrebbe mai avere un figlio preferito, per quanto sia difficile – talvolta – nascondere un’inclinazione affatto innaturale. “Se fossi una persona onesta vi direi che Matrigna è un romanzo in parte autobiografico, che dietro alla storia di Noemi e Carla, sorella e madre del bambino scomparso, si celano ben altre ragazze, e madri”, dichiara la scrittrice a Vanity Fair. Matrigna è più che un romanzo, suggerisce Teresa: oltre a qualche cenno autobiografico, c’è anche una riflessione – propria del saggio – su cosa vuol dire essere “familiare”. Cosa vuol dire, cioè, far parte di una famiglia, con gli onori e gli oneri che ne fanno seguito.



Scrittrice e mamma, le due anime di Teresa Ciabatti

“La storia di un mistero nel mistero, immaginate una matrioska. Immaginate una bambola che non pareva matrioska, invece lo era, sorpresa: un’altra bambola, e un’altra ancora, fino all’ultima, così piccola e nascosta”. Così Teresa Ciabatti nella descrizione di Matrigna. “Un romanzo che dedico a mia figlia, per tutte le volte che l’ho persa, ma che, se fossi sincera, dovrei dedicare agli innumerevoli bambini da me perduti, tantissimi, confesso. Mi è capitato di distrarmi e non vederli più. Pochi minuti o mezz’ora, medesimo sentimento: sono finita. Sono finita, penso le volte che smarrisco mia figlia (tre). Mentre gli altri la cercano, mentre qualcuno chiama la polizia, io rimango immobile perché annichilita: no, non c’è vita dopo un figlio. Per strada, in spiaggia, ovunque tu sia, ovunque tu eri”. Se fosse spudorata, ammette, Matrigna lo dedicherebbe a se stessa. E in fondo a tutte le madri: è impossibile non smarrire i propri figli, a preludio di una perdita definitiva e inevitabile.