Che ve ne pare del simpatico fuori onda avvenuto in un bar di Davos tra Angela Merkel e Giuseppe Conte? Un curioso siparietto che, rilanciato dal conduttore Corrado Formigli e dal suo programma “Piazzapulita”, ha preso, visualizzazione dopo visualizzazione, la consistenza di un vero e proprio spettacolo di cabaret, un involontario entertainment all’altezza dei due protagonisti! Il nostro premier si è dato certamente da fare per spiegare alla Cancelliera le sottigliezze e gli arabeschi della politica pentaleghista: i sondaggi, i temi per la campagna elettorale, la raffinatezza della nostra politica estera (“Salvinen è kontro Deutschland e Frankreich?” chiede angelica la teutonica Angela e il Conte Beppe risponde da vero Richelieu: “Salvini è contro tutti!”).



Ma il culmine viene raggiunto allorquando il nostro presidente del Consiglio, alludendo ai continui bisticci tra Salvini e Di Maio, confida: “Se io dico ‘Ora basta!’, loro subito smettono di litigare. Questa è la mia forza…”. La Merkel annuisce, non proprio convinta, pensando tra sé e sé: “Anke io kvando diko a Italianen ‘Ora basta stronzaten o spesen follen!’, forrei ke loro skattare come mollen su attenten! Kome ai bei tempi di Romano Proden o Mario Monten…”. E poi giù un bel boccale di birra, tracannato d’un fiato come si usa fare alla Oktoberfest, mentre Conte sorseggia un succo di frutta all’Ace. No, non la candeggina, ma la ben più salutare bevanda a base di arancia, carota e limone.



Attenzione, però. Le telecamere non hanno potuto riprendere tutto, e il seguito è assai accattivante. Sì, perché la Merkel ha chiesto lumi nientepopodimeno che sul Festival di Sanremo. Per quale motivo, direte voi? Donna semplice, amante dell’Alto Adige e dei canederli, che non disdegna (anzi!) Ischia e la canzone italiana, ha voluto cogliere l’occasione del colloquio a quattr’occhi con Conte per essere tranquillizzata che l’onda gialloverde non imponesse la sua impronta anche sulla celeberrima kermesse musicale: “Mi rakkomando, herr Konte: da palko Ariston nein kommenten negativen su Kommissione Oiropea e immikrati… E’ Verboten, kiaro!” (chissà perché, quando si rivolge agli italiani, parla come i soldati di Sturmtruppen…).



Il nostro premier – ferrato sulla politica interna e preparatissimo sulla nostra politica estera – ha vissuto attimi di evidente imbarazzo. Tuttavia, ritenendosi a buon diritto il “difensore del popolo italiano”, forte dei suoi studi giuridici, non ha in alcun modo esitato a rassicurare la Cancelliera. “Niente paura – in sintesi le sue parole – ci penserà Claudio Baglioni a metterla sul ridere e a presidiare la correttezza della manifestazione. Nessun razzismo. Anzi, so per certo che, proposta dai Neri per Caso o dai Negrita ora non ricordo, ci scapperà senz’altro un bel ‘Volevo un gatto nero’ di zurliniana (evidente riferimento al mitico Mago Zurlì dello Zecchino d’Oro) memoria”.

Ma qui Conte si sbaglia, l’Ariston non è l’Antoniano. Comunque la tentazione (poca) di “vellicare” o al contrario (tanta) di “svellere” il nuovo governo populista-nazionalista-sovranista si vedrà, eccome!

Partiamo proprio dai già citati Negrita, che non la manderanno certo a dire con “I ragazzi stanno bene”, di Capanna (Mario) e Ciotti (don): è un testo che racconta come dovrebbe essere, e per ora non è, la vita dei migranti in attesa di approdare dal loro barcone a un mondo meno ingiusto.

Francesco Renga, con “Aspetto che torni”, su testo di Luca Casarini e musiche di Susanna Camusso (ha la voce rauca, ma quando compone al pianoforte è davvero aggraziata) canta la ripresa economica: che non arriverà. Una delle favorite per il Gran Premio della (Fase) Critica.

Enrico Nigiotti sceglie invece la parodia e intona “Nonno Hollywood”: un inno, scritto di suo pugno (alzato, con la marcetta dell’Internazionale da cui trarre ispirazione) e dal forte tono polemico, dedicato a Lino Banfi; vi si immagina che dopo la nomina nella commissione dell’Unesco sia nominato sempre e solo da Di Maio Governatore della California, Sceriffo di Los Angeles e membro della giuria dei Premi Oscar. Sarcastico e irriverente.

Fuori dal coro, Mahmood che, insieme a tutto lo staff dei Cinquestelle, ha composto  “Soldi” (Luigi Di Maio avrebbe voluto come sottotitolo “Se potessi avere 780 euro al mese”): una canzone che racconta come la vita da agra possa diventare “agiata” (ça va sans dire) per un beneficiario del reddito di cittadinanza. Da ascoltare comodamente seduti su un divano.

Intanto, dopo che Baglioni nell’intervista con Fabio Fazio ha ammesso che, non avendo più la memoria di un tempo, è costretto a scrivere le idee migliori sui tovaglioli per non dimenticarle, la scenografia dell’Ariston è stata modificata in fretta e furia. Su indicazione proprio di Baglioni – terrorizzato all’idea di non riuscire a memorizzare la scaletta degli ospiti e delle canzoni in gara – ieri mattina il palco è stato addobbato come la sala di un ristorante, con tanto di camerieri indaffarati a correre da un tavolo all’altro con tovagliolo d’ordinanza al braccio. Poi, ieri sera tardi, all’improvviso, il contrordine. Nel corso dell’ultimo sopralluogo della vigilia, è stato infatti lo stesso Baglioni a chiedere allo staff della Rai: “Ma chi è stato quel pirla che ha ordinato di trasformare il palco in una trattoria?”. E un assistente di studio ha subito commentato: “Mi piacerebbe sapere chi è quel cretino che oggi ha buttato via il tovagliolo n. 3!”.