Un anno e quattro mesi fa Elena Santarelli ha scoperto che suo figlio Giacomo aveva un tumore cerebrale. Da allora ha cominciato una battaglia non solo al fianco del figlio di 10 anni, ma anche di tutti i bambini che come lui diventano dei “guerrieri”. La showgirl è diventata volto e portavoce del Progetto Heal, onlus fondata da famiglie di bambini colpiti da tumori cerebrali e dagli operatori sanitari che si occupano di curarli e di ricerca. Nell’intervista rilasciata a Il Messaggero, non si è sbilanciata riguardo il percorso del figlio. «Non lo dico finché non sarà alla fine. Anche per scaramanzia. Lo racconterò poi, per dare forza ad altre famiglie. E poi qualunque risposta genera falsi virgolettati su internet. Ho letto titoli come La Santarelli ha perso il figlio solo per qualche clic in più». La moglie dell’ex calciatore Bernardo Corradi non è una che si piange addosso, anche perché a casa non potrebbe farlo. Ma quando le diranno che Giacomo è guarito potrà lasciarsi andare alle lacrime. «Già solo al pensiero. Ma è un momento, poi esco sempre con il sorriso».
ELENA SANTARELLI E IL TUMORE DEL FIGLIO: “I MEDICI E DIO MI AIUTANO”
Ma come fa a portare addosso quel sorriso Elena Santarelli, con la battaglia che combatte suo figlio? «La maschera del va tutto bene è pesante ma la devi portare per forza. A che serve condividere il fatto di avere una risonanza domani? Non lo dico neanche ai miei genitori. Basto io a non dormire da 7 giorni prima, perché dovrei essere egoista e fare stare male anche gli altri?». Molti la prendono per pazza, non capendo da dove arrivi quella positività. Ha carattere la showgirl, ma importante è stato anche l’aiuto di una psicologa. «A me è servita per avere il giusto comportamento con mio figlio, nella comunicazione, nel controllo dei momenti più critici come la perdita di capelli, la rabbia: i bambini sono tutti molto arrabbiati, sa? A 4, 5 anni non capiscono ancora, la prendono quasi come un gioco. Ma a 10, per quanto la vita che facciamo sia la più bella e normale possibile, è comunque la vita di un bambino malato, e non posso negare che sia arrabbiato». A volte però Elena Santarelli vorrebbe sfogarsi per essere ascoltata. Riesce a farlo in chiesa: «C’è qualcuno che mi ascolta dall’alto, lì. Prego, c’è tanta gente che prega per Giacomo. La preghiera di gruppo è potente». La fede e la scienza insieme sono un’arma potente: «Mai messo in dubbio l’operato dei medici, la preghiera mi aiuta a tenere la mano a mio figlio».