Starr Carter vive a Garden Heights, un quartiere popolare immaginario, ma molto reale, dell’America dei nostri giorni. Ha 16 anni e vive insieme alla sua famiglia felice, che ha saputo lasciarsi alle spalle un passato difficile fatto di carcere e delinquenza. Maverick, suo padre, ora ha un negozio di frutta e verdura e la stima dei suoi vicini di casa. Insieme a sua moglie, ha deciso di rimanere nel quartiere ghetto ma di offrire ai propri figli la possibilità di un futuro migliore, nelle ricche scuole dei bianchi.
Starr vive così una doppia vita, alternando hip hop e slang di quartiere alle forme e ai modi perbene dei suoi compagni di classe e di scuola. Tutto cambia quando il suo amico d’infanzia Khalil viene ucciso da un poliziotto bianco. Sarà l’occasione per ribellarsi al perbenismo bianco come alla violenza del ghetto, e per trovare un futuro nuovo che superi le distanze e le ingiustizie razziali.
Torna il cinema americano a parlare di diritti umani, di razze, di polizia. Dalle rivoluzioni degli anni ’60 a oggi molto è cambiato e anche molto è rimasto uguale. Come diversi film non perdono l’occasione di sottolineare, negli Stati Uniti tutto cambia se nasci bianco o nero. Arriva un momento, ci mostra il film Il coraggio della verità, in cui i genitori di colore insegnano ai propri figli come reagire a un controllo di polizia.
Mani sul cruscotto, distese, nessun movimento superfluo, nessuna sfida verbale. Un piccolo gesto può indurre la polizia a sparare. Qualcuno dice per errore, per paura. Qualcun altro dice che non aspettano altro i poliziotti bianchi, incattiviti contro i neri e contro la loro cultura.
Il coraggio della verità ci porta tra i quartieri malfamati, popolati da gang, dove la vita è appesa a un filo. E ci porta nelle scuole dei bianchi, dove il razzismo non esiste con questo nome, ma dove il pregiudizio resiste e crea barriere anche insormontabili. Tra i due mondi vive la giovane Starr, proiettata in una vita che assume le maschere dei luoghi in cui vive. Un volto sorridente e magnetico che ci guida in una storia morale a tratti didascalica.
Si apprezza il tema sempre attuale, la denuncia decisa e necessaria, il ritmo rapido e godibile. Un po’ meno la struttura del racconto, fin troppo dimostrativo, i dialoghi a tratti banali, come in molti high school movie, e l’evoluzione piuttosto scontata e prevedibile della storia.
Tratto da un libro, ispirato a sua volta a un fatto di cronaca del 2009 (l’omicidio di Oscar Grant in California, per opera di un poliziotto), Il coraggio della verità fa il suo dovere, rivolgendosi a un pubblico ampio, pronto a emozionarsi per la coraggiosa scelta di Starr, a soffrire con lei assieme ai personaggi che le ruotano attorno, ma troppo “puliti” per essere veri.
Tra gli spunti meno superficiali del film, sfidanti anche per la nostra realtà sociale, è interessante come il regista di colore Tillman Jr tratteggia la percezione che molti bianchi hanno della loro visione delle differenze di razza. Nel club fortunato dei ricchi bianchi il pregiudizio razziale ha le forme autoassolutorie della sedicente apertura mentale. Non c’è nulla contro di loro, sembrano concedersi con benevolenza. Il poliziotto impaurito reagisce con violenza alla violenza che si aspetta di trovare. Fa il suo mestiere. Se sbaglia è per debolezza. Nella sua mente però ha già rubato il futuro dell’altro, costretto in una storia di disagio e sopravvivenza nel ghetto dello stereotipo bonario e giustificato che, come la notte, rende tutte le “vacche nere”.