Stasera Rai1, a partire dalle 21,25, trasmette in prima assoluta e senza alcuna interruzione pubblicitaria, Conversazione su Tiresia, lo spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri. Tiresia è un personaggio mitologico non vedente e transessuale che vive la trasformazione in una donna e viceversa. Un particolare, quest’ultimo, che Camilleri però tiene a chiarire nel corso dell’intervista rilasciata a Il Messaggero. «In verità Tiresia non è transessuale, è stato totalmente uomo e totalmente donna – racconta lo scrittore, che ancora aggiunge – questa è una delle ragioni che più mi ha appassionato, vivere perfettamente il lato femminile e il lato maschile. Io ho sempre amato molto le donne ma non ho mai desiderato di possedere un corpo di donna». (Aggiornamento di Anna Montesano)
Le versioni sulla sua fine
Nel racconto mitico pensato e scritto da Andrea Camilleri si “cunta” la storia di Tiresia, l’indovino cieco le cui vicende si intrecciano a quelle dello stesso scrittore. Vi abbiamo parlato delle origini della sua cecità, su cui ci sono diversioni diverse, così come ce ne sono sulla fine. Nella prima si racconta che nel corso dell’attacco degli Epigoni contro Tebe, Tiresia fuggì dalla città con i tebani; sfiancato, si riposò nei pressi della fonte Telfussa da cui bevve acqua gelata e morì. Nell’altra versione l’indovino, rimasto a Tebe con la figlia Manto, venne fatto prigioniero e mandato a Delfi con la figlia, dove sarebbero stati consacrati al dio Apollo. Tiresia quindi secondo questa versione sarebbe morto per la fatica durante il cammino. Andrea Camilleri ha deciso di tratteggiare questa figura perché negli ultimi anni è diventato lui stesso cieco. «Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità è solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne». (agg. di Silvana Palazzo)
Chi è Tiresia? Ecco cosa dice la leggenda
Chi è Tiresia? Per scoprirlo, occorre fare un bel salto indietro. Sono tantissime le leggende che accompagnano il mito del celebre indovino di origine tebana. Fu raccontato qualcosa sia da Dante ma anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi III. La leggenda ci dice che il figlio di Evereo e della ninfa Cariclo, mentre camminava tra le colline scorse due serpenti accoppiati. Colpendo il serpente di sesso femminile, l’indovino si trasformò in una donna in carne ed ossa. Si dice pure che, passati sette anni nei panni del gentil sesso, vedendo nuovamente due serpenti e colpendo il maschio, ritornò nuovamente nei panni di un uomo. Questa doppia trasformazione, creò un infinito frastuono tra gli dei dell’Olimpo. Loro infatti decisero di domandare a Tiresia se nell’atto ardente provasse più piacere nei panni di una donna oppure in quelli da uomo. Tiresia, senza ripensamenti, disse che il maggior piacere veniva provato nelle sue vesti da individuo di sesso maschile.
Le origini del mito del celebre indovino
Dopo la sua confessione, svelando di provare maggiore piacere sessuale nei panni di un uomo, Era adirata da tale argomentazione, decise di accecarlo. Zeus, dio dell’Olimpo e signore degli dei, fiero della risposta e mosso a pietà per il gesto compito dalla moglie Era, decise di far dono a Tiresia della profezia e della veggenza. Esiste però una seconda versione della storia proprio sulla sua cecità. Si dice che Tiresia passeggiando lungo le sponde del fiume in cui sua madre e la dea Atena si stavano bagnando alla sorgente, vide quest’ultima tutta nuda. Di seguito, perse la vista dopo essersi coperto gli occhi con le mani. Proprio la dea, per confortare la madre di Tiresia, gli diede il dono di predire il futuro. Dono, narra la leggenda, che fu tramandato anche alla figlia Manto, anch’essa veggente. “Conversazione su Tiresia”, è lo spettacolo scritto e interpretato da Andrea Camilleri che si rifà a questa particolare leggenda. “Volevo affrontarmi – ha spiegato lo scrittore – stare da solo su quell’immenso palcoscenico, cieco, per raccontare una storia è una grossa sfida che io volevo fare a me stesso”.