Per quella strana serie di circostanze del destino, che non dipende mai da noi, ma ci gira attorno insondabile e appunto anche beffardo, Luke Perry chiude la sua vita e carriera artistica da dove era cominciata. Lo vedremo infatti, anche se fisicamente non sarà più con noi, nel prossimo film di Quentin Tarantino, ancora in lavorazione, dedicato a Charles Manson, l’ispiratore della più efferata strage della storia americana, lui che nella serie tv Beverly Hills 90210 impersonava il personaggio ribelle, sopra le righe, anche alcolizzato e drogato. Insomma, finisce dove aveva cominciato, un po’ spezzacuori e un po’ disagiato. E in modo ancor più bizzarro Luke Perry è morto proprio quando stava per tornare Beverly Hills, con il cast originale che aveva accettato di riunirsi in modo abbastanza clamoroso a vent’anni di distanza per una nuova serie. Tranne lui in realtà, che non aveva firmato ma aveva accettato di apparire qua e là tra un episodio e l’altro.



Perché lui era quello diverso da quel gruppo di figli dell’alta borghesia americana rappresentati nella serie: “Io sono Dylan” diceva. Cioè io sono diverso da voi. E così è stato fino in fondo, fedele al suo personaggio e a se stesso, libero e indipendente, sorta di Fonzie degli anni 90, con le ragazze ai suoi piedi nel telefilm, sempre diviso tra Brenda e Kelly, e nella vita reale. Era infatti lui l’idolo delle ragazzine di tutto il mondo che seguivano le avventure di quei personaggi, il più amato e il più desiderato.



Beverly Hills, cominciato nel 1990 e conclusosi nel 2000, è stato un successo mondiale del piccolo schermo. Ogni decennio, da quando è nata la televisione, ha avuto la sua serie rappresentativa del decennio stesso, soprattutto da quando la tv si è caratterizzata cercando di esprimere lo spirito dei tempi e non solo format imposti da adulti che regolavano tutto secondo i dettami autoritari del conformismo. Negli anni 70 fu Happie Days la serie che fece identificare tutti gli adolescenti di quel decennio nei suoi protagonisti; negli anni 80 Saranno famosi-Fame, negli anni 90 ci fu Beverly Hills, negli anni Duemila poi verrà Friends. Di tutte le serie questa fu quella più plastificata, quella più sentimentale, quella più conformista, riprendendo della società del tempo solo un aspetto molto limitato, quello dei figli di papà, con molti soldi a disposizione e ragazzine disponibili ai bellocci senza farsi tanti problemi.



Senz’altro più rappresentativa di quel decennio sarebbe stata una serie ambientata nel mondo del grunge, a Seattle, la generazione di Kurt Cobain per intenderci, che veramente segnò quel decennio. Beverly Hills invece era rassicurante, qualunque “birichinata” poteva succedere finiva sempre bene, tra l’abbraccio di mamma e papà e degli amici. Tranne lui, il James Dean della serie, scostante, misterioso, che si portava dentro il dolore incolmabile per la separazione dei genitori e il passato malavitoso del padre che gli lascia una ingente fortuna con cui può permettersi di fare la bella vita, insomma la pecora nera del gruppo, Luke Perry, arrivando fino a cadere nell’alcolismo e nella droga. L’opposto di Brandon, l’altro protagonista maschile più amato, perfetto esponente del quartiere dei vip di Beverly Hills, tutto studio, carriera e buone maniere.

In ogni caso Beverly Hills, per gli adolescenti degli anni 90, ha occupato uno spazio importante, riempiendo le loro camerette di poster e sospiri. Oggi quella generazione piange il loro eroe così prematuramente e ingiustamente scomparso, a soli 52 anni, ma forse dovrebbe domandarsi se non avessero meritato una serie tv meno banale e superficiale. O forse era davvero quello che gli anni 90 si meritavano, un po’ come i cinepanettoni di casa nostra.