Benedetta Cocco, 21 anni da Cagliari, è per certi versi una supereroina. L’antagonista del caso, qui, era lo specchio, che Benedetta è riuscita letteralmente a “distruggere”. Lo ha fatto con tanto coraggio, battendosi valorosamente, ma nella lotta si è avvalsa di alcuni eccellenti alleati. La morale della storia vuol essere questa, tra le altre: nessuno si salva da solo. Specie quando il mostro in questione è quello dell’anoressia. Oggi Benedetta si racconta a La prima volta, passando anche per il canale dell’arte, che ha contribuito a ri-tirarle su il morale. Il suo hobby è quello di dipingere tele enormi ispirate al male; il suo idolo – che naturalmente sogna di incontrare – è il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Con la complicità di Cristina Parodi, che l’accompagnerà in giro per Milano, riuscirà a realizzare il suo desiderio.



Benedetta Cocco e l’anoressia: le origini del disturbo

La vita di Benedetta Cocco è cambiata in un giorno, quando ha scelto di farsi aiutare nella casa di cura polispecialistica Sant’Elena, a Cagliari. In un’intervista a L’Unione sarda racconta il suo percorso: “È un problema che ha radici molto profonde. Per quanto mi riguarda sono pesate le mie insicurezze. Avevo sofferto molto per il divorzio dei miei genitori e fin da piccola non mi sono mai sentita abbastanza compresa. Questo anche dal punto di vista estetico”. Era una bambina quando ha iniziato ad accusare i primi malesseri: “Alle Elementari ero un po’ cicciottella e i miei compagni mi prendevano in giro. Ci sono stati momenti in cui ho sofferto moltissimo. Sono stata una bambina confusa, con un grande bisogno di amore“. La molla è scattata quando ha conosciuto la compagna di suo padre, una donna magrissima davanti alla quale si sentiva “inadeguata”.



“L’anoressia ti riduce a un mostro”

Per Benedetta Cocco, l’anoressia è una forma di suicidio. Niente di più vero: è un lasciarsi morire lentamente, solo perché non si ha il coraggio di compiere l’atto in sé. La miglior amica di un’anoressica è la calcolatrice, per tenere il conto di tutte le calorie assunte e dei chili persi. Cucinare le piaceva, ma lo faceva per altri. A 17 anni arrivò a pesare 30 chili: “Ero diventata un mostro. A un certo punto ho coperto gli specchi perché non riuscivo più a guardare cos’ero diventata. Non uscivo più di casa. Se è vero che all’inizio ti vedi più magra e ti vedi bella poi non è così, ti senti un mostro”. Non è stato facile nemmeno fidarsi dei dottori: “I primi tempi sono stati i più difficili perché sentivo sempre quella voce che diceva: ‘Non fidarti, vogliono farti ingrassare’. Ma sono andata avanti, mi sono affidata a loro e il cibo è diventato la mia medicina“. La vittoria ha il sapore di uno yogurt al miele, la prima cosa che assaggiò: “Mi ricordo di avere pianto quando ho mangiato i corn flakes. Mi ero dimenticata il sapore di tutto”.

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