“In quella stanza così stranamente arredata, un uomo [Sandokan] sta seduto su una poltrona zoppicante: è di statura alta, slanciata, dalla muscolatura potente, dai lineamenti energici, maschi, fieri e d’una bellezza strana. Lunghi capelli gli cadono sugli omeri: una barba nerissima gli incornicia il volto leggermente abbronzato. Ha la fronte ampia, ombreggiata da due stupende sopracciglia dall’ardita arcata, una bocca piccola che mostra dei denti acuminati come quelli delle fiere e scintillanti come perle; due occhi nerissimi, d’un fulgore che affascina, che brucia, che fa chinare qualsiasi altro sguardo”. Emilio Salgari disegna a penna un personaggio destinato a diventare cult: Sandokan, i cui tratti emergono chiari fin dalla descrizione, è sempre stato un’autorità della letteratura e della televisione. La sua figura incute un po’ di timore; ma la scimitarra, in questo caso, c’entra poco.



Sandokan: il “magico” scontro con la tigre

Il suo personaggio è indissolubilmente legato alla personalità di Kabir Bedi. La descrizione su carta non si discosta molto dalla riproduzione su nastro: le due figure corrispondono alla perfezione. Sandokan è un pirata gentiluomo, alto, affascinante, muscoloso e slanciato nel contempo. Il suo sguardo è capace di stregare le donne e intimorire i nemici; i suoi abiti non sono meno particolari, tra turbanti colorati e stivali di pelle rossa a punta rialzata. Sandokan è anche l’uomo d’azione, quello in grado di lottare contro una tigre e restare indenne. A Dee Notte svela l’arcano (o quasi): “Tu [rivolto allo speaker] sei una persona molto intelligente. Dimmi una cosa: è possibile per un uomo saltare quanto una tigre e sopravvivere? Non è possibile. Questo bisogna riprodurlo in altri modi, con altre tecniche. E come abbiamo fatto allora? Meglio non dirlo. Meglio mantenere il mistero, la magia”.

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