Kabir Bedi ricorda a Domenica In Siddharth, il figlio morto suicida qualche anno fa poiché annientato da un disturbo psichico. “Aveva la schizofrenia, non c’è dolore più grande della perdita di un figlio – ha ammesso l’attore – e questa tragedia è più grande quando questo figlio è brillante e lui lo era, era laureato in Information Technology”. All’epoca – ricorda Kabir Bedi – quando l’era dell’informazione era ancora agli inizi, le possibilità che aveva nella sua vita erano incredibili, ma la schizofrenia è terribile, perché colpisce le persone all’età di 20-25 anni, normalmente di sesso maschile, persone molto sensibili e non c’è una cura, non è stata scoperta ancora una causa”. L’attore oggi è vicino alle famiglie che tutti i giorni devono confrontarsi con questo genere di disturbo, famiglie che “soffrono, perché qualcuno soffre di schizofrenia” e che “devono cambiare tutta la loro vita per adattarsi a quello che succede. Non è facile”.
Il suicidio a Los Angeles
In particolare, Kabir Bedi ricorda i dolorosi momenti in cui suo figlio Siddharth, sebbene lucido, non riuscisse più a vivere una vita piena e appagante: “Mi diceva ‘Papà cosa faccio tutto il giorno? Televisione cinema, libri, non hanno senso per me. Non sento il gusto del cibo, non mi interessa parlare con le persone’ e questo lo disse in momenti di lucidità – conferma il divo – perché ci sono dei momenti in cui non è possibile comunicare”. L’attore spiega poi tutte le insidie di questo disturbo: “la persona che vedi sembra tuo figlio ma qualcosa di fondamentale è cambiata dentro di lui”, poi ricorda il giorno in cui suo figlio ha smesso di lottare: “io l’ho chiamato per prevenire il suicidio a Los Angeles, anche io ho parlato con lui, ma lui non poteva esistere in quel modo e io devo rispettare la sua decisione. All’epoca – ricorda l’attore – le medicine non andavano bene, non controllavano così bene, lui stava peggio quando prendeva le medicine, adesso ci sono nuove terapie”.