El Cid (1961), grande film sull’eroe nazionale della Spagna, don Rodrigo Diaz de Bivar detto El Cid Campeador. Cid sta per Signore, Campeador per Campione. Signore perché non uccise degli arabi che avevano distrutto un villaggio in Spagna mentre si stava recando a sposare la bella Jimena e questi mori divennero suoi amici a vita. Campione perché risolse una battaglia affrontando in duello e vincendo il capo nemico.
Il film ha come interpreti dei pezzi da novanta: Charlton Heston e Sophia Loren. L’interprete di El Cid veniva dalla vincita dell’Oscar dell’anno prima per Ben Hur. Ormai era l’attore che impersonava gli eroi epici, aveva iniziato nel 1956 nei panni di Mosè ne I Dieci Comandamenti di Cecil De Mille. Film epici e produzioni kolossal. La nostra Sophia era ormai famosa a livello internazionale e vinse l’Oscar l’anno dopo, nel 1962, con La Ciociara, film uscito in Italia a fine 1961 e negli Usa nel’62. Aggiungiamoci poi i nomi di Raf Vallone, passato dal Torino Calcio al giornalismo al cinema e Herbert Lom, che impersona il sanguinario Ben Youssuf e successivamente famoso per tutti i film della Pantera Rosa di Blake Edwards nelle vesti dell’ispettore capo Charles Dreyfus.
Il film ha una durata pazzesca per i giorni d’oggi, tre ore, lento come una volta si usava, ma è un kolossal con un’enorme partecipazione di figuranti in costume e scenografie. La trama ripercorre la storia di El Cid quasi fedelmente. Un uomo acclamato eroe in vita, un cristiano. La prima inquadratura vede lui insieme a un frate spostare un crocifisso bruciato dagli arabi in un villaggio. Li ha sconfitti ma non li uccide, li salva contro il parere dei nobili spagnoli. Saranno questi mori a soprannominarlo El Cid, e combatteranno al suo fianco contro i musulmani che vogliono conquistare tutta la Spagna.
Siamo nel XI secolo e c’è una diatriba in Spagna tra i vari nobili e gli infanti pretendenti al titolo di sovrano, tutti tesi a guardare il proprio orto, il proprio potere e terre, ma non a sollevare lo sguardo sul pericolo musulmano sempre più vicino. Un po’ come ora in Europa. A proposito, nel film c’è una scena anticipatrice dei giorni nostri: gli invasori arabi che entrano a Valencia sono tutti vestiti di nero con cavalli neri e con croci con stendardi al vento, un’immagine profetica che ci ricorda la fila di Suv dell’Isis viste in questi anni.
Solo El Cid ha una visione globale, ma sarà esiliato ben due volte in disaccordo con i potenti e con lo stesso re Alfonso. La sua è una figura energica e certa, lotterà per la Spagna, per il bene della nazione e il suo essere cristiano lo si vede in maniera esplicita nel film sia nelle scelte politiche (costringe re Alfonso a giurare sulla Bibbia di non essere un assassino e quando, invece di assediare Valencia con le armi, lancia pane agli affamati che gli aprono le porte), sia nel rapporto con la bella moglie Jimena/Sophia. Si sacrifica per la Spagna e non vede crescere i suoi due figlioletti. Finirà che re Alfonso imprigionerà la bella Jimena per farlo combattere contro gli arabi. Ma il popolo lo acclama, lo considera un eroe ed è temuto dai nemici. È una leggenda in vita.
Quando nell’ultima battaglia il nemico pensa che sia stato ucciso, El Cid, ferito mortalmente, chiede di essere messo in sella anche da morto e questo creerà scompiglio tra gli arabi. Sacrificio fino alla fine. Ottime le musiche, sinfoniche, trionfali e drammatiche a suggello delle scene del film.
Mi sovviene un parallelo. Il nostro governo attuale ha un Di Maio che guarda agli interessi dei 5 Stelle, soprattutto per avere consenso al sud (leggi reddito di cittadinanza), un Conte che si destreggia e sguscia e un Salvini che un po’ assomiglia (non esaltiamolo troppo) al Cid Campeador.