“È difficile far ridere in questi momenti, ma continueremo a fare il nostro lavoro, fare gli scemi”. E ci riescono bene: non a fare gli scemi, s’intende, ma a intrattenere senza troppe pretese. Anche e soprattutto quando lo spettacolo subisce un duro colpo. Non a caso a Che tempo che fa c’è Lorenzo Jovanotti, “big” della musica italiana che di concerti ne sa qualcosa. Il riferimento – ormai è chiaro – è alla tragedia di Corinaldo: “Successe a me qualche anno fa”, racconta Jova. “Un ragazzo morì per colpa di un palco montato male. Era a un mio concerto; un ingegnere fu condannato”. Non serve che si usino troppe parole. Non servirebbe nemmeno l’agognata giustizia: invocare “giustizia” significa rimediare, quando invece si dovrebbe prevenire. “Se la legge venisse rispettata – continua Cherubini – non saremmo qui a parlarne”.



A Che tempo che fa il malore di Calcutta

Edoardo D’Erme alias Calcutta è un altro dei rappresentanti del mondo musicale. Stasera non è in formissima, e si dilegua poco prima del Tavolo. “Sono stato male, ho avuto dei problemi fisici”. Un po’ d’ansia prima di entrare in studio: “Ringrazio i medici della Rai. Combinazione ha voluto che ci fosse pure Gino Strada (dottore), perciò mi hanno trattato bene”. Unica prescrizione: stare a riposo. È un po’ paradossale, per lui che canta Paracetamolo, ma tant’è. Dalla musica alla settima arte il passo è breve. “Brevissimo”, invece, quando si va dal libro al film. Prendi L’amica geniale: una fiction tratta da un libro e sceneggiata da uno scrittore. Lui si chiama Francesco Piccolo, ed è un portento della narrativa contemporanea. Il suo nuovo romanzo – L’animale che mi porto dentro – è parecchio diverso dalla prosa posata di cui è maestro. Il titolo parla da sé: il maschio secondo Piccolo è un tipo un po’ animalesco. Una “rozza complessità” o un “complesso di rozzezza”, perché non è vero che non è multitasking. Mentre ci ascolta parlare, ad esempio, lui pensa a tutt’altro.



Arbore e Littizzetto

Tra grande musica e grande fiction c’è spazio per il “pop” della televisione. E chi, meglio di Arbore, può qualificarsi esponente della tv popolare? Renzo ci bazzica dentro sin da quando era scugnizzo. “Quella italiana è stata la più bella di tutte”, dice con cognizione di causa. Non capiamo l’uso del passato; ma è meglio non approfondire. Luciana Littizzetto, invece, è una che il coltello nella piaga lo rigira volentieri. “Adesso c’è il trend delle scuse”, spiega nel monologo. Sembra quasi una moda: non è un caso che i primi a lanciarla siano stati D&G.

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