Che tempo che fa

torna in onda dopo tre settimane di pausa. Fabio Fazio e co. sono ancora su Rai 1: non c’è bisogno di controllare il logo in alto a sinistra, come suggerisce Luciana Littizzetto. “Ah, pensavo fossimo finiti su Rai Yoyo…”. Non è un’ipotesi tanto remota. “Va be’, l’importante è divertirsi”, dice l’altro rassegnato. Questa sera si scontra direttamente con i suoi detrattori, quelli che al grido di “abbasso Fazio” e “abbasso lo stipendio” l’hanno quasi fatto licenziare. Uno di questi è Alessandro Di Battista, qui in veste di libero cittadino. “No, non mi candido alle europee”, conferma deciso. Tempo cinque minuti e già volano parole. Le frecciatine centrano il bersaglio: “Ha la coda di paglia”, sorride Dibba al primo accenno al Pd. “È un partito di Destra”, “no, è un partito di Sinistra”, litigano i due (video).



Che tempo che fa sul web

Immancabili gli schieramenti sui social: “Standing ovation per il Dibba che a Che tempo che fa strappa una banconota franco-africana spiegando in parole semplici il peccato originale del problema immigrazione”. La verità, come al solito, è quantomeno duplice: “La maggior parte delle persone che scappano dall’Africa vengono da Eritrea, Tunisia e Sudan, Paesi che non hanno la cattiva moneta francese che ‘schiavizza i popoli’”. Poi c’è la verità “vera”, ma per ora non ci è dato conoscerla. Al secondo posto della “classifica social” (vale a dire nei Trending Topic), ci sono i Maneskin. Il gruppo macina un successo dopo l’altro: non ultimo il tour europeo che è già tutto sold out. Divertente il siparietto con Victoria che non conosce Cristina D’Avena: “Scusa, Il valzer del moscerino?”, domanda Fazio che la prende in giro. “Cosa?!”, risponde lei ridendo. Damiano è costretto a intonargliela, e solo allora lei capisce. È il momento più alto della puntata.



Il gigante De André

Quella di Fabrizio De André è un’assenza ingombrante. E non è un ossimoro, perché una figura “gigante” non poteva che lasciare un’impronta altrettanto grande. Dori Ghezzi, sua compagna nell’ultimo periodo, è la più importante depositaria della sua memoria.  Arte e affetti si mescolano nella sua musica: al centro c’è sempre Genova – la sua Genova – e i cosiddetti “ultimi”. Si è discusso a lungo di quello che è un vero e proprio stile narrativo. Che Faber sia un poeta, appare superfluo ribadirlo. Ma in pochi parlano di lui come romanziere e cantore della generazione di un luogo.