La malattia non ha tolto in Simona Anedda il suo desiderio di viaggiare, come raccontato alla trasmissione Siamo Noi su Tv2000. “Sono stata ovunque, quando guardo la cartina geografica penso a quanti pochi posti ho visitato. I Continenti non li ho visti tutti, il prossimo sarà l’Asia, l’unico che mi manca”, raccontava due anni fa. Dal 2012 però qualcosa cambia: Simona inizia a provare una strana debolezza e solo dopo una Tac si è compreso che il suo non era semplice stress ma Sclerosi Multipla. “Quel famoso dicembre 2012, doveva essere la fine del mondo ed invece per me è stato un cambiamento netto della mia vita”, ha aggiunto. Ma non ha rappresentato la fine della sua passione. Il viaggio ha continuato a rappresentare un elemento importante: “Il mio bastone era la mia valigia”, ha commentato. Di lì a poco però, come le avevano detto i medici, sarebbe arrivata anche la sedia a rotelle. La malattia purtroppo si è velocizzata ed in quattro anni ha perso l’uso di gambe e braccia. Il viaggio la distrae, non le fa pensare a quello che ha: “Questa malattia mi ha permesso di conoscere delle persone meravigliose”, ha aggiunto. (Aggiornamento di Emanuela Longo)



Simona Anedda a Le Ragazze

“Non cammino più, non muovo le braccia, non respiro bene. Ma è inutile piangere. Sento che non avrò una vita lunga. Ma voglio continuare a viaggiare, sono stata in tutto il mondo. […] E scrivere delle guide di viaggio per aiutare le persone nelle mie condizioni: i sogni esistono per essere realizzati”. Così Simona Anedda, 42enne romana a cui è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Questa sera si racconta a Le ragazze, il programma di Rai 3 condotto da Gloria Guida. Il 2012 è stato un anno difficile: “La malattia me l’hanno diagnosticata a dicembre”, racconta al magazine Vita.it, “ma i primi sintomi sono iniziati a gennaio dello stesso anno. Mi si addormentavano le gambe, inciampavo, sentivo di essere ubriaca senza essere ubriaca. I dottori dicevano che ero stressata. Quando non si hanno risposte si dà spesso la colpa allo stress. Quando a fine luglio ho consultato – dopo varie visite in ospedale – l’ennesimo ortopedico, lui mi ha detto: ‘Il suo è un problema neurologico, faccia una risonanza all’encefalo’. Il referto diceva ‘presenza di sostanza bianca’, ma io di essere malata lo sapevo già”.



“Nessuna speranza” per Simona Anedda

Quella di Simona Anedda è una sclerosi multipla “primaria progressiva, ad evoluzione rapida”. Di fatto, non è più autosufficiente: non solo ha perso l’uso di tutti e quattro gli arti, ma fa fatica a respirare e a parlare. “Penso che avrò una vita breve. In ospedale mi dicono che per me non ci sono cure. Vedo gente malata da vent’anni che non sta male come sto male io”. La sua “badante”, come la chiama lei, è sua madre. Il cordone ombelicale l’ha riallacciato dopo la diagnosi: “Non peso neanche 50 chili, ma sono un peso morto. Mia mamma ha già i suoi problemi e da quando mi sono ammalata è entrata in depressione. Insieme ci facciamo male”. Per questo cerca di viaggiare il più possibile, coltivando una passione che ha da sempre. Nata e cresciuta a Roma, Simona non conosce confini: le sue più grandi barriere, paradossalmente, sono solo quelle architettoniche.



Dal Brasile all’India: il viaggio di Simona Anedda

La prima meta, nel gennaio 2013, è stata San Paolo (Brasile): “Peggioravo di giorno in giorno. Ma rimanere a casa a piangere non sarebbe servito a niente. Mi accorgevo di stare meglio solo quando uscivo. Così a gennaio 2013 sono partita. Riuscivo ancora a camminare ma zoppicavo, perdevo le scarpe”. In Amazzonia “dormivamo nelle amache all’aperto, non volevo dire agli altri di essere malata, così alla mia guida ho raccontato solo che avevo dei piccoli problemi al ginocchio e lei mi ha regalo un bastone di legno”. Simona ne è convinta, all’indomani del suo viaggio in Oriente: “Per viaggiare non ci vogliono tanti soldi, ma molta fantasia. È bello arrangiarsi e vivere come un normale cittadino. L’India poi è un Paese che ti sbatte in faccia tanta povertà ma la gente ride e affronta la vita in modo spirituale: voglio assorbire la loro forza per affrontare questa struggente malattia”.