Le Iene volano in Nicaragua alla ricerca di Alessio Casimirri, il brigatista latitante che fece parte del commando delle Brigate Rosse che nel 1978 uccise nell’agguato di via Fani cinque agenti della scorta di Aldo Moro. Non c’è stato verso però per Gaetano Pecoraro di riuscire a parlare con il primo nella lista dei ricercati dopo la cattura di Cesare Battisti. L’inviato ha cercato Casimirri a Managua, nel suo ristorante, si è messo in contatto con diverse persone vicine all’ex terrorista, come l’ex moglie, ma in nessun caso è riuscito ad avvicinare l’uomo su cui pendono sei condanne all’ergastolo per i crimini commessi negli “Anni di Piombo”, tra cui il rapimento di Aldo Moro. Oggi, a 67 anni, Casimirri gestisce un ristorante e i camerieri sarebbero ex sandinisti armati. Gaetano Pecoraro ha provato a incontrarlo, andando a mangiare nel suo ristorante, e ha provato a raccogliere informazioni, scoprendo però che quel ristorante è una sorta di “fortino” per Casimirri, peraltro controllato e pieno di telecamere. (agg. di Silvana Palazzo)



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ALESSIO CASIMIRRI, IL LATITANTE PIÙ RICERCATO D’ITALIA

Alessio Casimirri è a conoscenza di molti misteri mai risolti del caso Aldo Moro: e del resto non avrebbe potuto essere altrimenti, dal momento che il classe 1951, nome di battaglia “Camillo”, faceva parte del commando armato delle Brigate Rosse che il 16 marzo 1978 uccise nell’agguato di via Fani cinque agenti della scorta del leader della Democrazia Cristiana, trovato morto nel bagagliaio di una Renault in via Caetani 55 giorni più tardi. Condannato a sei ergastoli, Casimirri non ha mai trascorso neanche un giorno in prigione e da 37 anni vive in Nicaragua, dalla quale ha ottenuto la cittadinanza e conduce con successo un’attività da ristoratore. La sua latitanza è tornata d’attualità nelle ore immediatamente successive alla cattura in Bolivia di Cesare Battisti e ora sulle sue tracce si è messo anche Gaetano Pecoraro, inviato de Le Iene Show che ha tentato di trovare il criminale protagonista degli “anni di piombo”.



ALESSIO CASIMIRRI, FIORONI:”ESTRADATELO: VERITA’ SU ALDO MORO”

Il primo appello affinché Alessio Casimirri venga estradato al pari di Cesare Battisti lo ha formulato Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani (fino al marzo 2018), consapevole del ruolo di primo piano rivestito dal brigatista nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro. Come riportato dall’Huffington Post, in una lettera inviata al governo, Fioroni ha sollecitato “il più grande impegno al fine di sollevare con la massima forza, sia nell’ambito dei rapporti con il Nicaragua sia in ambito multilaterale, la questione della estradizione di Casimirri e al fine di svolgere tutte le attività di polizia eventualmente necessarie ad ottenere la cattura del latitante. (…) La questione riveste infatti una straordinaria importanza, non solo per una doverosa esigenza di certezza della pena, ma anche per chiarire gli aspetti ancora oscuri del sequestro Moro e del terrorismo italiano (…). Alla luce di quanto a suo tempo accertato dalla Commissione la vicenda della fuga e della latitanza di Casimirri non sembra riconducibile solo alle protezioni che gli sono state accordate dal governo sandinista. Si evidenzia infatti la costante e ripetuta protezione nel nostro Paese, di cui Casimirri poté godere in molte fasi della sua vita, con modalità e intensità diverse ed in molteplici ambiti. Protezioni che possono essere fondate su elementi familistici, ma non escludono, alla luce dei comportamenti posti in essere da soggetti diversi, elementi di collaborazione, più o meno ufficiale, con strutture dello Stato”.



ALESSIO CASIMIRRI, “IL RIENTRO IN ITALIA SALTO’ PER UNO SCOOP DELL’UNITA'”

Eppure al di là della massiccia rete di protezione che scattò nei confronti di Alessio Casimirri ci fu un passaggio storico in cui il ritorno in Italia dal Nicaragua del brigatista fu letteralmente ad un passo. Lo ha raccontato Carlo Parolisi, agente del Sisde in pensione, che nel 1993, con altri due 007 (uno era Mario Fabbri) fu ad un passo dal compiere l’impresa. A far saltare tutto fu un articolo dell’Unità che, misteriosamente, venne in possesso delle informazioni sulla trattativa in atto e pubblicando la notizia fece saltare tutto. Parolisi, sentito dall’Adnkronos, ha spiegato:”Come uscì quella notizia ce lo chiediamo ancora. Di quella operazione eravamo al corrente solo in pochissime persone. Tra l’altro, ed è singolare, l’articolo parlava proprio di tre 007 coinvolti, ma che fossimo in tre non lo sapeva nessuno, risultavamo sempre in due per tutelare l’agente sotto copertura…”. Casimirri, ha dichiarato Parolisi, “ci diede uno spaccato sul sequestro Moro importante, ci fece individuare una decima componente del commando, quando fino ad allora si era detto che ad agire fossero stati solo in nove: la decima era invece proprio la moglie, Rita Algranati, che, svelò l’ex Br, il giorno dell’agguato era appostata con in mano un mazzo di fiori all’angolo fra via Trionfale e via Fani, per dare il segnale agli altri. Ci disse anche come localizzarla in Algeria, un’informazione che rimase inspiegabilmente lettera morta per un po’ ma che poi anni dopo portò alla cattura della donna e del suo nuovo compagno. L’ex Br ci consentì poi di ricostruire l’identità dell”ingegner Borghi’, l’affittuario del covo di via Montalcino, e di aiutare la Digos ad arrestare Maccari”. Eppure il suo rientro in Italia saltò per quell’articolo dell’Unità:”In cambio della sua collaborazione – racconta ancora lo 007 – ci chiese un salvacondotto per girare liberamente in Centroamerica, chiaramente gli dicemmo di no, offrendoci invece di cercare di trovare un accordo con i magistrati se avesse deciso di rientrare in Italia. Eravamo a quel punto quando uscì l’articolo di Cipriani. Lui si spaventò moltissimo, ci minacciò apertamente, poi si rifugiò nella giungla e finì tutto nel nulla”.