Il suicidio è un atto di estremo coraggio o codardia? Attorno a questo interrogativo sono destinate a intrecciarsi le polemiche che una dichiarazione di Alessandro Haber è destinata a provocare. Quando nell’intervista a Verissimo ha ricordato Mario Monicelli, «il grande Mario», ha spiegato che il suicido del regista non lo sorprese. «Me l’aspettavo. Era un uomo che non voleva essere accudito e aiutato. Nell’ultimo anno non vedeva più, non sentiva più, quindi aveva bisogno di essere accompagnato. Lui non voleva, aveva un orgoglio…». Ma a far discutere saranno altre dichiarazioni di Haber, secondo cui Mario Monicelli «ha fatto una cosa incredibile, un coraggio». Per l’attore e regista quello che ha fatto l’amico, cioè salire su una sedia e lanciarsi dal quinto piano, è un atto coraggioso. «È lo specchio della sua vita, è sempre stato molto coerente». Questo perché aveva capito che doveva dipendere dagli altri a causa dei suoi problemi di salute. Ci sono tante persone che lottano con malattie invalidanti o malati terminali che non smettono di combattere per vivere, nonostante le difficoltà della loro condizione. Non sono allora coerenti? Non sono altrettanto coraggiose?



ALESSANDRO HABER E IL SUICIDIO DI MARIO MONICELLI

Prima del cristianesimo, c’era Aristotele che affermava: «Il morire per fuggire la povertà o l’amore o una sofferenza qualsiasi non è da uomo coraggioso, ma piuttosto da vile: infatti, è una debolezza quella di fuggire i travagli». Silvia Toffanin comunque non ha fatto una piega di fronte a quelle dichiarazioni, anzi ha proseguito nel ricordo di Mario Monicelli con Alessandro Haber. «Aveva capito che non poteva più crescere. Un uomo così anche a 93 anni voleva crescere… Ha fatto “Le rose nel deserto” quando aveva 92 anni. Aveva una forza, una lucidità… Quando ha capito che non poteva più farlo, che doveva dipendere da qualcun’altra ha pensato: “Sai che c’è? Vi saluto”». Alessandro Haber si è detto fortunato per aver lavorato con lui ed essere stato suo amico. «È una persona unica. Aveva cominciato con la gavetta, lui si è fatto un culo così. Portava l’acqua e i panini sul set, lentamente è cresciuto». E poi ha raccontato un provino, l’unico fatto per Monicelli, in cui gli chiese di fare una telefonata. «Quel giorno ebbi un’idea geniale: presi il telefono, feci il numero e chiusi. Dissi “è occupato” e sono andato via. Speravo mi fermassero, invece arrivai a Roma a piedi».

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