Nuovo appuntamento con La mia passione, il programma ideato e condotto da Marco Marra in onda stasera alle 23.55. Ospite della prima puntata, la cantante salentina Emma Marrone. Con lei si ripercorrono gli anni di Amici fino ad arrivare al Festival di Sanremo. Nel 2012 si classificò prima: fu solo l’inizio di una carriera ricchissima di successi. L’ultimo, in ordine di tempo, è il nuovo album dal titolo Boom Edition. Emma si racconta senza filtri, senza censure, passando anche per la malattia che la colpì 10 anni fa. “Non voglio sembrare un supereroe, ma io stessa sono stata il mio antidoto alla sofferenza. I miei genitori sono stati sgretolati dalla notizia, ma io ho reagito come se tutto questo non stesse capitando a me, come se mi vedessi dall’esterno”. Era il 2009 quando le fu diagnosticato il cancro. Solo un anno dopo, come se niente fosse, partecipò con successo ad Amici.



Emma Marrone e l’antidoto contro la malattia

“Ho reagito con una rabbia e una violenza incredibili per resistere e combattere fino alla fine”, dichiara Emma Marrone a Repubblica. “Quand’ero malata, la musica per me non è stata altro che ascoltare playlist nel mio letto d’ospedale; questa cosa mi portava in un altro mondo dove non sentivo l’odore di disinfettante che è l’unico ricordo brutto che ho ancora”. La notizia, uscita di recente, ha sconvolto tutti. “Non mi è costato molto dire che ero malata. Non è una questione di coraggio, il coraggio nella vita serve per altre cose”. Poi spiega: “Mi sono sentita in dovere di dirlo perché mi rendo conto di essere seguita da tante persone, giovani e adulti, che mi dicono di essere un esempio (e mi mettono anche un po’ di ansia, pressione e responsabilità). Ma più che della malattia ho voluto parlare della prevenzione, il messaggio che ho voluto lanciare era quello di andare dal medico non solo quando si sta male, ma sempre”.



“Sì, ho avuto il cancro”

Per Emma Marrone, non c’è niente di male a rivelarsi malati. “Viviamo in una società che vuole essere supertecnologica e ultramoderna ma in cui c’è ancora un fondo di bigottismo e ignoranza dettati dalla paura di sembrare imperfetti e deboli. Per la società dobbiamo invece essere perfetti sempre e comunque, quindi una malattia è una cosa da non raccontare perché ci rende imperfetti e vulnerabili nei confronti di chi ci sta vicino. In realtà non è così e anzi bisognerebbe parlare di più delle imperfezioni e delle diversità perché ci rendono unici”. L’esperienza l’ha segnata al punto da renderla ultrasensibile. “Cerco, nel mio piccolo, di essere vicina a chi sta poco bene”. E continua: “Lo faccio andando più spesso che posso a trovare le persone nelle strutture ospedaliere, specie quelle dove ci sono dei bambini. A volte i messaggi non servono a nulla, bisogna andare sul campo, prendersi degli impegni ed esserci, fino in fondo”.

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