Quando era stato annunciato un nuovo film che avrebbe ricomposto la coppia Boldi-De Sica, alcuni, tra cui il sottoscritto, avevano espresso un certo scetticismo sulla possibilità che il duo comico potesse ancora convincere sul grande schermo, specie se l’obiettivo era riproporre uno dei cinepanettoni che l’aveva fatto tanto amare dal pubblico. Con questo scetticismo, dunque, mi sono apprestato a guardare Amici come prima.



Il film racconta la storia di Cesare Proietti (Christian De Sica), direttore di un albergo di lusso milanese che viene licenziato quando dei cinesi fanno il loro ingresso nella proprietà. I nuovi soci vogliono infatti che ci siano dei connazionali ai vertici della struttura. L’uomo non ha il coraggio di dare la triste notizia a moglie, suocera e figlio, che anzi contano sul suo lauto stipendio per ogni genere di capriccio. L’unica via di uscita che Cesare vede, stante l’impossibilità di trovare un nuovo lavoro, visto che viene considerato troppo vecchio, è quella di travestirsi da donna per fare la badante di Massimo Colombo (Massimo Boldi), il proprietario della catena di alberghi presso cui era impiegato, gestita di fatto dalla perfida figlia Luciana (Regina Orioli), che non vede l’ora di mettere le mani sulla fortuna del padre. Cesare, aiutato dal collega Marco (Maurizio Casagrande), diventa quindi Lisa per portare a casa 5.000 euro al mese.



Il soggetto, di per sé, non sembra essere quindi molto originale nella storia del cinema e nemmeno nel curriculum di De Sica, che già nel 1987, con Bellifreschi (regia di Enrico Oldoini), in coppia con Lino Banfi aveva offerto un’italica e comica versione di A qualcuno piace caldo, il celebre film con Tony Curtis, Jack Lemmon e Marilyn Monroe, travestendosi da donna. In ogni caso siamo lontani dai cinepanettoni di una volta, e questo di per sé è un bene: Boldi e De Sica non hanno pensato di riproporre pari pari quello che facevano fino a poco più di dieci anni fa.

Forse anche per questo hanno deciso di non affidarsi a un regista “esterno”, se non a Brando, figlio di De Sica, come consulente. È però Christian a mettersi dietro la macchina da presa, a collaborare alla sceneggiatura, a essere protagonista della pellicola e persino a ballare e cantare. Così il film, alla fine, più che di Boldi e De Sica, sembra essere di De Sica con Boldi. Il che non rappresenta comunque un difetto importante.



Nel film sembrano potersi scorgere diversi elementi autobiografici: a partire dai nomi dei protagonisti, che rimandano chiaramente a Milano e Roma, passando per lo scambio di battute che fa riferimento a vari Natale a Miami, in India, sul Nilo interpretati insieme, fino al passato da batterista vantato da Colombo. E forse anche la scelta di alcuni dettagli dei personaggi, considerato vecchio uno e “rinco” l’altro, quasi non avessero più nulla da dare e offrire nella loro professione, ma amati ancora da qualcuno, possono essere considerati parte del vissuto degli attori.

In ogni caso a parte dei difetti, perlopiù veniali riguardanti la trama e il personaggio di Matteo, figlio di Cesare, Boldi e De Sica riescono a passare “l’esame” del ritorno insieme in un film, dove tra l’altro, e fortunatamente, riescono a contenere le volgarità allo stretto indispensabile a non deludere i “nostalgici” di certe loro gag del passato. Superato questo test c’è quindi tutto il tempo per lavorare a un nuovo film, correggendo il tiro e continuando a far apprezzare al pubblico quel che i due “vecchi” (più arzilli di certi giovani) della commedia italiana hanno ancora da offrire.