Alla fine qualcosa è successo. Qualcosa si è smosso. Alla fine, però, con l’ultimo concorrente in gara. Elio e le storie tese hanno portato una ventata di cabaret, di avanspettacolo, di musica vera (Frank Zappa?). Soprattutto con la dirompente “Canzone mononota”. Performance irresistibile. Una trovata geniale che ha stanato tutto e tutti. A cominciare dalla loro stessa partecipazione al Festival, cerimonia delle cerimonie. Per proseguire con l’industria discografica, i parolieri, fior di compositori e sussiegosi cantautori. Tutti finti scanzonati, ma in realtà molto compresi del loro proprio ruolo.



A questo punto come si classificheranno gli Elii, così ribattezzati sui social network, è assolutamente secondario. Abbiamo un purosangue iscritto al concorso. Un esempio da indicare. Una boa attorno alla quale far girare degli abbozzi di ragionamento. Potenza dell’autoironia… Mi dilungo sulla formidabile “Canzone mononota” perché, come direbbe Califano, tutto il resto è noia. Un compitino eseguito con dosi omeopatiche di zelo. Un copioncino che fila via senza sussulti, appena increspato dall’esibizione dell’israeliano Asaf Avidan. E si tira un sospiro con i break pubblicitari.



Dopo il tilt del momento-Crozza della sera precedente con tutti i suoi annessi e connessi – i disturbatori di professione, le dichiarazioni indignate dei politici che non aspettavano altro, la lezione che trasportare nella solennità del Festival gag e linguaggi di La7 e Rai Tre non paga e non può pagare perché è il contesto che fa il testo – ecco, dopo tutto questo, la seconda serata è stata la quintessenza del prevedibile. Del fazismo già noto. Il compitino della coppia politicamente corretta.

Si comincia con una lunga autocelebrazione del Festival, l’omaggio a Domenico Modugno che è un lungo promo della fiction con Beppe Fiorello prossimamente su questi schermi. Si prosegue con due ospiti molto ornamentali, Carla Bruni e Bar Refaeli. Poi la sfilata di canzoni con gli inutili proclamatori di quella promossa alle serate finali. Domandina maligna: sono venuti gratis o… solo per innescare la battuta su misura della Littizzetto?



Le canzoni e i cantanti: una parola su questo, girando attorno alla boa di Elio e soci. Gualazzi, Cristicchi, Gazzè, Silvestri (più Malika Ayane che, con i testi di Giuliano Sangiorgi, se la tira manco fosse la nuova Vanoni). La seconda generazione di cantautorini mette in scena una carrellata di ballate surreali, di filastrocche da premio Tenco, di canzoni intelligenti, si fa per dire. Sarebbe un altro piccolo smacco se vincesse un esponente dei talent (Chiara Galliazzo o Annalisa Scarrone). Comunque, niente di nuovo: la cifra è questa. Quella dei «ceti medi riflessivi», come direbbe Edmondo Berselli. Siamo perbene, siamo intelligenti, siamo moderatamente di sinistra.

È l’essenza di “Che tempo che fa” spalmata su tutto il Festival. Su Twitter l’hashtag #Chesanremochefa la dice lunga. Non ci aspettiamo molto di più, c’è Neri Marcorè ospite fisso. Non Fiorello e nemmeno Benigni. Quanto alla seconda serata, è cominciata, e finita, con l’irruzione degli Elii. Buonanotte.