Una cosa è certa: non si potrà più dire “Vedi quello lì? Due braccia rubate all’agricoltura!”. A indicare una persona inetta, ovverosia incapace o inesperta, spesso incompetente, talvolta inabile, se non sciocca, comunque pasticciona, il più delle volte imbranata, al limite dell’inefficienza, personaggio dappoco conto, maldestro anzichenò. Da questo momento tutto cambia. E il giudizio differente sarà imposto per legge. Perché “… al fine di favorire la crescita demografica vengono concessi gratuitamente e per un periodo non inferiore ai 20 anni terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola o terre abbandonate o incolte”. Bene, bravo, bis. Sì, ma a chi? “Ai nuclei familiari con terzo figlio nato negli anni 2019, 2020, 2021”.

È quanto si legge nella nuova bozza alla manovra del governo pentaleghista, che dettaglia con precisione da scafato cesellatore quanto segue: “Al fine di favorire la crescita demografica, una quota del 50 per cento dei terreni di cui all’articolo 66, comma 1 eccetera eccetera … e una quota pari al 50 per cento dei terreni di cui all’articolo 3 comma 3 eccetera eccetera … sono concessi gratuitamente per un periodo non inferiore a 20 anni ai nuclei familiari con terzo figlio nato negli anni 2019, 2020, 2021, ovvero a società costituite da giovani imprenditori agricoli che riservano una quota societaria ai predetti nuclei familiari pari al 30 per cento”. Non solo: ai nuclei familiari idonei si concede anche “un mutuo fino a 200.000 euro per la durata di 20 anni, ad un tasso pari a zero, per l’acquisto della prima casa in prossimità del terreno assegnato”.

Cosa significa tutto ciò? Primo, che bisogna convertirsi: non si capisce a cosa, se a una fede, a un partito politico, all’agricoltura o molto più prosaicamente, come si evincerebbe dal testo, al decreto legge stesso, in una sorta di nuova religione numero-dataria (il numero del decreto e la data a cui si riferisce sé medesimo).

Secondo, che bisogna darsi da fare: passare dal figlio unico alla tripletta comporta una riflessione accurata col partner, una grande responsabilità, ma anche un dispendio di… energie notturne che i classici bottiglioni di Vov non sempre riescono a colmare.

Terzo, che la mogliettina sia consenziente, tanto a unirsi nelle fatiche ordinarie (che per lui durano qualche notte di tutto sommato piacevole straordinario, mentre per lei proseguono per i successivi nove mesi), che in quelle straordinarie (i figli vanno generati a raffica, permetteteci l’espressione poco consona).

Quarto, fare di necessità virtù. Se la vita nei campi risultava non in vetta alle proprie aspettative, quale miglior occasione per riassaporare le agresti condotte dei nostri bisnonni?

Perciò, se c’è bisogno di qualche consiglio, siamo qui apposta. Se c’è da far lavorare gli altri, far muovere il Paese per tirarlo fuori dalle secche di un’economia riluttante, noi non ci tiriamo certo indietro. Ecco qualche consiglio mirato:

1. Per un approccio soft, da salotto, che sia a impatto zero con la vita che vi aspetterà, come primo passo è consigliabile rivedersi tutte e nove le stagioni de “La casa nella prateria”: qui gli splendidi e immarcescibili protagonisti (si fanno un mazzo così dalla prima all’ultima puntata, e sono andati avanti così anche dopo) sono papà Ingalls, mamma Ingalls e le loro tre pischelle. Altra figliolanza, tra adottati e no, arriverà in seguito, probabilmente frutto – o fiore o verdura, nessun problema: è l’agricoltura, bellezza! – di qualche decreto legge del tempo. Ma tutto sempre all’insegna dell’aratro e del raccolto. E ci si appassiona e commuove parecchio. Si semina bene, si raccoglie amore!

2. Comprarsi un gallo. È fondamentale per partire con la zampa giusta. II gallo è come il regista di una squadra di calcio, detta i tempi del lavoro, fa sempre il suo dovere (se le gallinelle sono compiacenti), e – cascasse il cielo! – non sgarra mai: un autentico crumiro del regno animale. Un esempio da seguire per i vostri familiari, che pure bestie non sono, ma possono sempre diventarlo, vista la durezza del lavoro.

3. Cambiare modello di vacanza. Perché, diciamocelo, il mare fa schifo, soprattutto in agosto; la montagna non è più quella di una volta: vai su su fino ai 4.000 e trovi lo smog, i caprioli con la lingua patinata (stante a indicare uno stato di malessere pure per loro), l’acqua che sa di cloro… e le faine? Saranno anche furbe, ma chi le ha più viste le faine? Leste a nascondersi o scomparse del tutto? Non parliamo poi delle città d’arte: sempre troppo piene di turisti intenti a vedere sempre le stesse risapute cose. La Gioconda è perennemente quella (mai un sorriso diverso, uffa…) e ci vogliono ore per vederla, il David di Michelangelo ha fatto il suo tempo (ha persino le rughe e dal vivo si vedono). Meglio allora la campagna. Di mete ce ne sono a pien di balle (di fieno, ovvio. E comunque, mai più disdegnare questo linguaggio da villani. Nel senso di contadini, naturalmente). Come primissime mete suggeriamo la Lomellina, il Polesine, la Maremma, ma anche il Frusinate non è male; ad ogni modo, come ben si sa, ogni regione italiana ha la sua bella porzione agricola da visitare.

4. Occhio ai cadeaux. Che sia Natale, l’onomastico, il compleanno, la festa del papà, fatevi regalare l’attrezzatura: dalle cesoie alla falce, dalla vanga alla zappa, dal badile al rastrello, tutto fa brodo. Ovviamente di pollo della vostra aia. Il trattore arriverà in leasing (con qualche offerta in danaro dei vostri parenti e/o amici più cari la rata sarà più agevole).

5. Da ultimo, un consiglio (perché, sinora cos’erano?): non fermatevi al terzo figlio, proseguite oltre. Se ne fate quattro, la trebbiatrice è in regalo, se arrivate a cinque, mezzo Agro Pontino è vostro di diritto, dal sesto in poi, gli ettari aumentano a velocità geometrica.

Eh già, più siamo, più terreno coltiviamo! La vita bucolica è davvero intrigantemente bella. Bucolica, si è detto. Sì, ma con la dura vita dei campi, occhio alla colica!