Earl Stone è un uomo di 80 anni. Dopo aver dedicato una vita all’attività di floricoltore, si ritrova ormai anziano e senza un soldo, per il fallimento della sua piccola impresa. Costretto a vendere la casa, Earl ha perso anche la fiducia della sua famiglia, che ha trascurato per anni girando l’America in cerca di business e riconoscimenti. Quando il destino gli offrirà un’occasione, chiedendogli di servire i trafficanti di droga messicani alla guida del suo vecchio van, Earl accetterà senza grandi rimorsi né perplessità, tornando a mettersi in viaggio e, forse per la prima volta, in discussione. 

Bentornato Clint. Vistosamente invecchiato, nel viso e nei prudenti movimenti del corpo, Clint Eastwood interpreta e dirige il suo ultimo e brillante film, Il Corriere – The Mule, regalando al pubblico mondiale un nuovo esempio di ottimo cinema.

È momento di bilanci per Eastwood, nella vita come nel film, ormai giunto all’età di 88 anni. Se il cinema lo ringrazia per essere parte importante e insostituibile della sua storia maggiore, nel film Eastwood ha più di un motivo per ripensare alle sue discutibili scelte di vita. Una vita dedicata al lavoro, un forte disagio per l’età contemporanea, una scarsa confidenza col mondo digitale, l’inevitabile capolinea della sua attività floreale portano Earl alla sconvolgente perdita del suo equilibrio personale. Troppo lavoro, poca famiglia. Tutti, intorno a lui, hanno dovuto sopportare la sua ingombrante assenza, dannatamente proiettato nelle sue passioni che lo hanno tenuto lontano dai momenti più significativi dei suoi cari. Nel pieno del suo disorientamento esistenziale, si lascia trasportare dalla prima occasione che gli capita, trasformandosi in un corriere della droga, forte dell’esperienza di una vita, alla guida del suo vecchio Van Ford, tra i 41 stati americani (su 50) attraversati senza una multa o un imprevisto.

The Mule si sviluppa così come una specie di road movie, brillante e ironico, guidato dall’improvvisazione malcelata di un anziano delinquente della domenica. Tra un viaggio e l’altro, trasportando ingenuamente milioni di dollari in droga, Clint si confronta col mondo che cambia. Contornato da minacce, violenza e indagini poliziesche, Eastwood si scompone poco, rivelando tutta la sua compiacenza per il suo alter ego che, come lui, fa e dice quel che vuole.

Un vecchio imprevedibile, senza freni e senza filtri, capace di sfidare le regole della malavita solo per mangiare il miglior panino al maiale del Paese, per concedersi una pausa inattesa o per soddisfare i desideri di un corpo ormai decaduto. La descrizione del personaggio, probabilmente non lontana dalla sua autorappresentazione, è mirabile. Brontolone, sincero, d’un pezzo, bonario razzista, onesto e determinato. Un maschio “repubblicano”, tanto spaesato dai cambiamenti quanto sicuro di sé e di come si è sempre fatto. Ciononostante, il dubbio della verità lo assalirà, rivelando la fragilità dell’uomo che rilegge la sua storia con misurata nostalgia e fiero pentimento. 

The Mule è un film gigantesco, nella sua semplice verità, nei mirabili dettagli delle piccole e grandi cose che racconta, e nell’affresco sensibile e denso di varia umanità, di debolezza e fiera consapevolezza.