Trenta imprenditori cinesi sono finiti nel mirino degli inquirenti fiorentini per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio dei proventi illeciti derivanti dalla commissione di reati tributari, mediante l’utilizzo dei cosiddetti cryptoasset. Un’operazione che, stando a quanto emerge, sarebbe stata realizzata nei confronti di numerose imprese, attive nel commercio all’ingrosso di abbigliamento e calzature e operanti soprattutto in Toscana, Lazio, e Campania.
Come scrive il quotidiano “La Nazione”, i responsabili delle imprese, secondo la Procura, “si sarebbero resi responsabili di “plurime condotte di evasione fiscale mediante emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un ammontare complessivo di oltre 6 milioni di euro, mentre altre cosiddette imprese apri e chiudi sono risultate essere destinatarie di avvisi di accertamento e di cartelle esattoriali insolute per circa 15 milioni di euro”. Per non pagare le imposte dovute, i trenta cinesi indagati, stando all’accusa, “si sarebbero avvalsi dei servizi illeciti forniti dall’associazione per delinquere composta da quattro cittadini cinesi che – attraverso un sofisticato sistema di trasferimento, basato sull’impiego di exchanger di valute virtuali – erano riusciti a trasferire verso l’estero somme pari a oltre 10 milioni di euro”.
CINESI TRASFERIVANO MILIONI DI EURO ILLEGALMENTE ALL’ESTERO: ESEGUITE 4 MISURE CAUTELARI
In base alla collaborazione con le autorità straniere – si legge ancora su “La Nazione” – è emerso che le somme bonificate dagli imprenditori cinesi dall’Italia agli exchanger sono state “dapprima convertite in valute virtuali e poi trasferite in plurimi exchanger europei per approdare poi alle Seychelles. Una successiva rogatoria presso quest’ultimo stato estero ha permesso di ricostruire le operazioni di withdrawal (prelievo) disposte dai wallet (portafogli virtuali) tedeschi verso gli indirizzi comunicati dalla competente autorità delle Seychelles. Gli indirizzi, privi di giacenze, sono risultati registrati da soggetti cinesi, ai quali sono riconducibili le successive operazioni di cambio in moneta yuan e accredito su carte di credito”.
Nel corso delle investigazioni sui trenta imprenditori cinesi sono state eseguite 4 misure cautelari, 44 misure interdittive ed è stato anche effettuato il sequestro preventivo della somma complessiva di 14,5 milioni di euro.