Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è stato “convocato” da Conte per un chiarimento dopo alcune dichiarazioni sulla transizione ecologica. Le riassumiamo: “Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati se non facciamo qualcosa di veramente sensato”.



Sul nucleare, in particolare, Cingolani ha precisato: “si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione, senza uranio arricchito e acqua pesante. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso, è da folli non considerare questa tecnologia”.



Non è chiaro perché il ministro si infili in una polemica politica dalle conseguenze prevedibili senza che ci siano urgenze apparenti. In realtà, possiamo farci un’idea con gli elementi che abbiamo a disposizione.

La premessa è che c’è una grande distanza tra quello che passa nell’opinione pubblica e la realtà che man mano si sviluppa. Il prezzo del gas in Europa è il quadruplo di un anno fa e l’inverno non è ancora iniziato; i prezzi dell’energia elettrica sono ai massimi e in qualche Paese, come la Spagna, sono oggetto di dibattito politico. È sempre la Spagna ad aver chiesto all’Europa di rallentare sulla transizione green per non penalizzare famiglie e imprese.



Smettere di investire in tecnologie e risorse affidabili ed efficienti che ci hanno “regalato” ampia disponibilità di energia e beni e investire in tecnologie che non sono ancora in grado di sostituirle né in termini di costi né di disponibilità, dato che ogni tanto non c’è vento, ha un costo enorme. Tutte le discussioni sul tema partono dall’assunto che lo status quo non muti se si toglie la premessa. Diamo per scontato lo stile di vita attuale senza considerare che è possibile grazie a precise tecnologie e risorse.

Potremmo anche interrogarci su quanto sia invasiva per l’ambiente e il territorio l’estrazione dei metalli necessari per le batterie elettriche o l’impatto sul territorio di parchi eolici che dovranno essere un multiplo di quelli attuali per soddisfare la domanda di energia.

La direzione che si è presa in Italia e in Europa presenterà velocemente il conto e il dibattito si sposterà su un altro livello e cioè su quanto i consumatori siano disposti a sacrificare per “salvare il pianeta”. Oggi il dibattito tralascia i costi, perché non si sono ancora esplicitati se non in via preliminare.

Il nucleare è l’unica fonte che non emette C02 che può garantire la transizione energetica, generando elettricità programmabile, prevedibile, a costi sostenibili. Basta osservare la mappa dei costi per megawatt in Europa e osservare la Francia per accorgersene. Il nucleare, in realtà, è in espansione in molti Paesi e la Germania, in questo senso, fa eccezione.

Più passa il tempo, più sarà evidente che è il pezzo che manca nell’equazione, sempre ammesso che si voglia garantire ai cittadini lo stesso accesso a energia affidabile ed economica con tutte le conseguenze che questo comporta su quanto si possa investire in settori che non “producono niente”, come istruzione e sanità.

Parlarne oggi però non è una soluzione. Sembra più che altro un sogno o una prospettiva da vendere subito alla vigilia del conto che verrà presentato ai consumatori; qualcosa a cui aggrapparsi negli anni, duri, in cui la “transizione” verrà perseguita con forza.

I tempi del nucleare sono molto lunghi, anche ammesso che la politica sia compatta e favorevole. È una soluzione che arriverebbe molto dopo al “problema” per come si sta evolvendo lo scenario. Ad oggi il dibattito ha un effetto analgesico, che fa sognare, mentre le famiglie leggono la “bolletta”. L’impressione è che l’analgesico debba essere iniettato velocemente.