Per il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani la sfida dell’ambiente e dell’emergenza climatica ha due sostanziali problematiche: la burocrazia e i “sacrifici” che le persone non vogliono sostenere: nell’evento webinar in vista della Giornata della Terra tenutosi ieri all’ANSA – “Verde e Blu: l’idrogeno e la transizione energetica in Italia” il titolare del MiTE ha sferzato gli astanti con un discorso molto “aspro” «Il problema delle emissioni climalteranti è chiaro, ma non è chiaro il sacrificio che ognuno deve fare. Tutti vogliono essere verdi, ma poi non vogliono la pala eolica davanti a casa, o vogliono continuare a usare i social che producono tante emissioni».
Per Cingolani, tanti ambientalisti o presunti tali si schierano per le rinnovabili ma poi nessuno si impegna per averle davvero: «L’emergenza climatica richiede sacrificio, ci dobbiamo mettere tutti qualcosa». La sfida dell’idrogeno è un tema dirimente e importante ma ancora siamo indietro come Italia: «mancano le infrastrutture, ma quello è ancora il problema minore. Le tecnologie le abbiamo. La sfida più difficile è come accelerare i tempi per realizzarle. La sfida delle normative, delle procedure, è quella che conta di più ora. Se le norme fermassero la transizione ecologica, sarebbe una sconfitta enorme»
LA SFIDA DI CINGOLANI PER L’IDROGENO
L’enorme sfida ambientale infatti dovrebbe impegnare tout court tanto lo Stato quanto i privati, secondo il Ministro MiTE, e l’idrogeno in questo senso è una risorsa splendida ma purtroppo non siamo neanche pronti a partire domani: «Non è che domani siamo pronti a partire. Dobbiamo lavorare moltissimo. E ci sono possibilità intermedie accettabili nella transizione, come l’idrogeno blu», ovvero quello prodotto dal metano per non avere emissioni di gas serra. L’obiettivo è arrivare all’idrogeno verde (zero emissioni prodotto tramite l’elettrolisi dell’acqua) ma questo richiede – conclude Cingolani nel webinar – «tanta energia rinnovabile. Il target europeo prevede che arriviamo al 72% nel 2030. Vuol dire installare 60-70 gigawatt di rinnovabili in dieci anni, 6 o 7 all’anno, quando finora installiamo un decimo di quello che progettiamo: solo qualche centinaio di megawatt all’anno, a causa delle procedure». In vista del prossimo Recovery Plan in discussione oggi a Palazzo Chigi (e da inviare entro il 30 aprile alla Commissione Europea), l’Ue ha chiesto non solo progetti ma anche una seria «riforma dei processi. Con le attuali performance, non saremo in grado di mettere a terra le opere. Quindi lavoriamo ai progetti e a come farli camminare. Con i ministri Brunetta e Giovannini lavoriamo sulla catena dei permessi, per accelerare le procedure».