È una storia che ha dell’incredibile, di quelle difficili da comprendere e – soprattutto – da spiegare, quella che arriva da Milano e che ci parla di cinque bambini – tutti tra uno e sei anni di vita – costretti a vivere in condizioni a dir poco pessime, affidati alle (per così dire) ‘cure’ di una donna rom: a rendere nota la singolare vicenda è un comunicato del distaccamento di Quarto Oggiaro della Polizia di Stato che lo scorso 20 agosto era intervenuta per un controllo di routine nel locale campo nomadi.



Lì, in una delle tante fatiscenti baracche allestite con materiali di fortuna, quasi sempre sprovviste di corrente elettrica, acqua (men che meno potabile) e anche senza bagni, cucine o stanze propriamente intese, i poliziotti milanesi hanno trovato i cinque in condizioni definite “malsane“, circondati da sporcizia e spazzatura e senza alcun tipo di comfort: assieme a loro c’era anche una donna 45enne che è stata brevemente trattenuta dai poliziotti per alcune domande di rito.



Milano, cinque bambini salvati da un campo rom: erano stati affidati dai genitori ad una donna 45enne

La donna rom – dopo un’iniziale resistenza e grazie all’insistenza dei poliziotti – ha poi spiegato che era lei stessa a prendesi cura (da sola) di tutti i piccoli e di sé stessa, ricavando qualche spicciolo grazie all’elemosina; mentre sull’origine dei cinque bambini ha raccontato che le erano stati affidati nel corso dell’ultimo periodo da diverse (non è chiaro quante) famiglie che erano partite per l’estero o si trovavano in carcere con questa o quell’altra accusa.



Dato che non si prefigurava alcun reato, i poliziotti hanno lasciato la baracca della donna, facendo (quasi ovviamente) scattare una segnalazione al Pronto Intervento Minori milanese che nell’arco di meno di 24 ore ha trovato alcune comunità pronte ad accogliere e prendersi – veramente – cura del gruppetto di minori; ma una volta tornati alla baracca non hanno trovato nessuno dei 6 inquilini, poi individuati in un parco poco distante e portati su indicazione della procura all’ospedale Sacco dal quale – dopo un controllo di routine – sono stati trasferiti nelle comunità individuate.