Il nome di Ciriaco Sforza, ex calciatore dell’Inter, è forse più conosciuto nel mondo del cinema che in quello del calcio: è proprio lui, infatti, che viene nominato da Aldo, Giovanni e Giacomo nel film di straordinario successo “Tre uomini e una gamba”. Nato in Svizzera da emigrati italiani di Mirabella Eclano in provincia di Avellino, in passato ha giocato anche all’Inter: oggi allena lo Schaffhausen, in serie B svizzera. Il suo sogno, però, è quello di allenare in Germania o in Italia, magari proprio l’Inter: “Non subito però, devo ancora crescere, ma un giorno chissà. Sarebbe come chiudere un cerchio” racconta al Corriere della Sera.
“La maglia di Sforza? Quella di Ronaldo era finita”: si tratta di una delle scene cult del cinema italiano quella che vede come protagonista inconsapevole proprio l’ex calciatore nerazzurro. Quando gli chiedono se gli dia fastidio, lui spiega: “Fastidio? E perché? È un film bellissimo, fra i più famosi del cinema italiano. Essere citato in quella scena mi riempie di orgoglio. L’ho rivista un sacco di volte. Ne vado fiero”. Una citazione, dunque, che ha fatto piuttosto piacere a Sforza, che grazie a quella scena è diventato famoso in tutto il mondo.
Sforza: “Svizzera? A noi serve lucidità in partite così”
Oggi l’Italia sfiderà la Svizzera negli ottavi di Euro2024. Al Corriere della Sera, Ciriaco Sforza, svizzero di origine italiana, spiega: “Se guardiamo le ultime tre partite, la Svizzera ha giocato bene e vinto, soprattutto nell’ultima contro la Germania. Le aspettative sono alte, c’è la voglia di fare l’impresa. Per questo motivo dico che c’è più pressione sulla Svizzera che sull’Italia. A noi serve lucidità in partite così”. L’Italia, però, è una grande squadra e le formazioni così “sanno risolverla in un minuto. Vedi con la Croazia”. Dunque, tutto è aperto, nonostante la Svizzera sembri molto più in forma rispetto alla formazione di Spalletti.
Sforza ha giocato con la maglia dell’Inter 36 gare, con 4 gol: era il 96-97. Lo svizzero non ha rimpianti se ripensa a quella stagione: “Tutt’altro. Solo tanti ricordi belli: il terzo posto, il debutto a Udine con gol. E l’orgoglio di aver giocato in una squadra leggendaria”, spiega al Corriere.