Che narcisismo e presenzialismo siano oggi requisiti necessari alle carriere politiche è sotto gli occhi di tutti. Anche sfiorando il senso del ridicolo. E’ la prima reazione all’autocandidatura di Monica Cirinnà, senatrice Pd, alle elezioni comunali di Roma. Come sindaco, of course, anzi, sindaca.

La Cirinnà è una campionessa (o campiona? Come fai sbagli) dei diritti a qualunque costo e di qualunque tipo (ogni desiderio è un diritto, inventiamone sempre di nuovi). La legge sulle unioni cosiddette civili porta la sua firma ed è considerata un traguardo del progresso e della democrazia: a lei non basta, lotta da sempre per estenderla anche alle adozioni per le coppie dello stesso sesso (i diritti dei bambini, non nati o già nati, non contano). Madrina del Gay Pride, animalista, ambientalista (con fattoria ecologica di proprietà a Capalbio, perché è più facile essere ambientalisti sdraiati all’Ultima Spiaggia con tanti leader di sinistra), non è certo un personaggio che unisce. Una che alle manifestazioni ha il coraggio di esibirsi con un cartello che cita ”Dio patria famiglia che vita de merda” offende i cristiani, le famiglie, le madri, i soldati, e chiunque in realtà ancora non si vergogni di sentirsi italiano. Ma lei giura che si rifaceva allo slogan fascista, e se il fascismo avesse detto “Viva la pappa al pomodoro” dovremmo ripudiarla come velenosa, naturalmente.



Dunque, dopo la Raggi, che notoriamente non è divisiva, un nuovo sindaco (sindaca) di Roma che certamente unirebbe. Non vincerà, e non ce ne occupiamo troppo.

Ma due cose vere la Cirinnà nelle dichiarazioni odierne le dice: che ha un brutto carattere, “una strega cattiva”, parole sue, e non avremmo saputo dire meglio: sempre arrabbiata, sempre erinni urlante, sprezzante, mai pensato che andare a scuola dalle suore conducesse a certi estremismi.



Ma soprattutto dice il vero quando afferma che il suo partito (ci sta a disagio, e le crediamo sinceramente) sta fermo sulle proposte per Roma, di nomi e di programma, cercando Biancaneve quando dovrà rassegnarsi ai sette nani (per questo lei sarebbe la Strega Cattiva).

Sì, signora, il Pd si muove se si muovono i Cinquestelle, e poiché su Roma si sono già mossi, è in imbarazzo. Come riappoggiare una sindaca combattuta e vilipesa per 4 anni? Eppure, come rompere con l’unica alleanza che tiene in funambolico equilibrio il governo? Problemi loro, se non fossero anche nostri, per Roma e per il paese.



Dunque, signora senatrice (senatora?), ha mostrato fegato e feroce chiarezza, al suo solito. Ma temo che abbia una sola possibilità, dato che il suo partito non la appoggerà mai: andarsene dal Pd. Prima o poi comunque tocca andare in pensione.