Una lunghissima intervista a “Sette” con Vittorio Zincone rimette al centro della scena politica, almeno per qualche ora, l’ex Dc Paolo Cirino Pomicino: ha 79 anni ma è più lucido che mai, conoscitore come pochi del Parlamento e della politica italiana dalla Prima fino all’attuale “Terza” Repubblica, e acuto osservatore di quanto Lega, M5s e Pd combinano oggi in riferimento a quanto è stata invece la sua epoca dettata da Dc, Pci, Psi e pochi altri. Un cuore fortissimo nonostante l’infarto e il trapianto avvenuto nel 2007: al collega che lo stava intervistando, “Geronimo” (questo il suo pseudonimo nelle firme suo quotidiani ancora oggi) ha mostrato una foto del suo vecchio cuore pre-trapianto «È il mio vecchio cuore democristiano. Dopo il trapianto, nel 2007, me lo hanno portato in un barattolo, l’ho fotografato e gli ho detto addio». Diversi sono stati gli infarti in questi anni eppure quel vecchio cuore coriaceo – mai rimpiangente l’epoca d’oro della Democrazia Cristiana – non ha mai mollato: come disse giustamente anni fa Fulvio Abbate, ripreso poi su “Sette” da Zincone «Se Andreotti era il Divo, Paolo Cirino Pomicino è l’Eterno». Nella sua ultimissima fase politica il voto e il consenso lo ha dato al Pd prima di Renzi e poi di Zingaretti anche se le critiche sono sempre in primalinea per tutta la politica italiana: «Rivendico di aver contribuito a finanziare la politica democratica del Paese. Nessuno dei deputati e dei senatori di allora, si è arricchito. I soldi servivano per le campagne elettorali. Una volta ero in tv con l’ex pm Antonio Di Pietro e ho sbottato: “Facciamo un confronto tra il mio e il tuo patrimonio. Tra i nostri redditi. Siamo stati entrambi dipendenti pubblici, ministri della Repubblica, parlamentari… Vediamo chi di noi ha rubato, se qualcuno ha rubato».



PAOLO CIRINO POMICINO: IL CUORE, LA DC E IL GOVERNO

Si potrebbe sentirlo parlare per ore su aneddoti e retroscena tanto della politica di allora quanto per quella di oggi: Cirino Pomicino è una istituzione, a prescindere dalla simpatia o antipatia per un uomo che ha affrontato 42 processi (sempre rigorosamente in aula, si difende l’ex Dc), 17 giorni di carcere e complete assoluzioni. Parole ‘buone’ per tutte ha Cirino Pomicino a cominciare dalla Lega di Salvini «È il giorno per giorno come cultura di riferimento. È il bullismo eletto a chiave di volta dell’azione politica. Salvini sarà travolto dalla realtà. Oggi è la realtà l’opposizione più efficace al governo. Faccio una valutazione statistica: tutti i segretari di partiti personali nello spazio di pochi anni sono caduti. Un partito è tale se ha un gruppo dirigente interfungibile». Critica tutti i leader di partito che stanno poi al Governo con incarichi ufficiali, «nella mia Dc questo non era permesso» (tranne che per momenti brevi De Mita e Fanfani, ndr) e attacca anche i “giustizialisti” del M5s «Di Maio democristiano? Lo ha detto Bruno Vespa perché Di Maio usa toni più moderati di Alessandro Di Battista. Ma forse Vespa ha dimenticato l’ideale diccì. In realtà credo che la Lega e il M5S abbiano elettorati diversi ma seguano lo stesso modello autoritario: padri-padroni e poca classe dirigente. Lo sa che in Italia sono ventisette anni che l’economia è retta da un tecnico? L’ultimo ministro politico sono stato io». A chi lo critica per esser stato tra i maggiori fautori della crescita del Debito Pubblico, Cirino Pomicino si difende «Non è vero. Qualche anno fa Mario Draghi mi chiamò per dirmi che secondo la società italiana degli economisti il primo governo che ha cominciato a risanare i conti pubblici è stato quello in cui io ero ministro del Bilancio, con Andreotti premier». L’invito è a fare una nuova manovra che possa tener dentro le esigenze di tutti, possibilmente: utopia? «Con il mio “sportello Pomicino” chiedevo ai partiti, anche a quelli di opposizione, quali fossero i loro punti irrinunciabili, e pur mantenendo la linea economica della maggioranza, cercavo di accontentare tutti. È un principio degasperiano: quando si governa, non lo si fa solo pensando ai propri sostenitori, ma a tutti».

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