Inaccettabile. È l’unica chiosa gentile sull’exploit a mezzo social di Beppe Grillo. Che non è un uomo di spettacolo, non più, ma un capo politico che ha fatto del giustizialismo senza se e senza ma il suo mantra. Manette e gogna contro tutti gli avversari, e i parenti stretti degli avversari. Il papà della Boschi, pienamente assolto; il figlio di Salvini, e per un giro in moto d’acqua, poi; eccetera. E purtroppo non si è trattato di uno sfogo innocuo del padre derelitto in pena per il pargolo inquieto, ribelle ma innocente. Perché nessun padre avrebbe la forza  mediatica che lui ha, nessuno potrebbe usare dei mezzi di comunicazione sul proprio privato con tanta risonanza. Quindi, ha abusato di un potere che ad altri non è dato. E ha recitato, abilmente, una parte, da attore consumato.



Due, non conosce le regole base della giustizia penale, abbastanza scalcagnata, ma non al punto cui avrebbero voluto ridurla lui e sodali. Nessuno va in galera fino a una sentenza di condanna. Quindi sostenere che essendo fuori dal carcere il figliolo è ipso facto non colpevole appartiene a un’idea di giustizia che è solo sua, loro, e francamente ci fa orrore. Per fortuna ci sono i processi, anche se quello che riguarda la sua famiglia ha preso una piega decisamente e inspiegabilmente lenta. Che ci vorrà mai ad interrogare testimoni e leggere le chat di quattro ragazzi sconsiderati? Si ritenga privilegiato per un trattamento rispettoso e prudente. E non è malizia pensare che al tempo dell’apertura dell’indagine poteva contare su un presidente del Consiglio e un ministro della Giustizia. Ora si sentirà più solo.



Dal punto di vista politico è scandaloso il diverso trattamento riservato alla famiglia e al resto del mondo. Onestà onestà, a giorni e targhe alterni, infamia sui giornalisti che, guarda caso, si occupano del figlio di un personaggio importante (Carlo Donat Cattin si dimise quando fu arrestato suo figlio con accuse di terrorismo, tanto per fare un esempio, ma era gente di ben altra pasta). Certo, lui non può dimettersi, non, è stato eletto da nessuno, ma potrebbe ritirarsi, o tacere, con dignità. Questo la politica l’ha capito, anche chi si ostina a intessere alleanze col M5s oggi ha mostrato segni di imbarazzo. I suoi, nessuno, anzi solidarietà piena, e la dice lunga sul culto acritico del capo, la lusinga per blandirlo e magari rientrare nella cerchia dei fidati e non trombati prossimi candidati.



Dal punto di vista umano, un disastro penoso: la bile, la rabbia sputata senza decenza urlando non sono il grido di un padre addolorato, come alcuni si sono affrettati a compiangere. Sono un’entrata a gamba tesa nel lavoro della magistratura (guarda caso stavolta hanno dubbi anche i grillini, che nemesi). Ma soprattutto sono uno schiaffo insultante alla testimonianza della vittima, esibita come mendace e di più, piacevolmente consenziente. Pensavamo che una forza politica giovane e nuova aborrisse il ricorso di certi tromboni passatisti che nicchiano quando si tratta di violenza sule donne, subodorando il terribile pensiero recondito “ti è piaciuto”. Non ha visto le foto di una ragazza svenuta o forzatamente addormentata con suo figlio che le sventola addosso le parti intime? Una ragazzata, anch’essa? Perché c’è un’ultima considerazione, che bolla Grillo come punto di riferimento indegno e da rigettare: non si può giustificare tutto, neanche in nome dell’affetto. Si può perdonare, non giustificare. E ridurre le intemerate di quattro diciannovenni col pisello di fuori a una sana serata di risate in compagnia è un pessimo messaggio. Anche perché non tutti hanno una villa in Sardegna, e chissà mai se vedremo altrettanta indulgenza verso qualche rozzo adolescente del Quadraro. Marchese del Grillo. Quello di “io so’ io, e voi nun siete un caz*o”.

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