In questi giorni presso il tribunale di Tempio Pausania, vicino a Sassari, si sta tenendo il processo contro Ciro Grillo e i suoi tre amici genovesi, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia, accusati di violenza sessuale da due ragazze. I fatti risalirebbero, secondo l’accusa, alla notte del 17 luglio 2019, quando le ragazze conobbero i quattro al Billionaire di Porto Cervo per poi seguirli presso la villetta di Cala di Volpe in uso alla famiglia Grillo.
Il processo contro Ciro Grillo e i suoi tre amici si sta celebrando da oltre un anno e si basa sul racconto che le due ragazze hanno fatto sulle violenze che avrebbero subito. Ad ulteriore riprova vi sarebbero anche diversi video (non è chiari quanti), registrati durante gli atti sessuali da tre dei quattro imputati e che dovrebbero essere mostrati in aula in queste giornate, durante i riti che si stanno celebrano a porte chiuse per tutelare l’identità delle presunte vittime. Nella giornata di ieri ed in quella di oggi spetta alla testimonianza, e all’interrogatorio, di una delle due presunte vittime di Ciro Grillo e compagnia, che sembra essersi ribellata in aula alle domande di uno dei sette avvocati della difesa.
Le domande poste all’accusatrice di Ciro Grillo
“Quel giorno mi sono sentita una preda”, ha commentato dopo la fine dell’interrogatorio la presunta vittima di Ciro Grillo e dei suoi tre amici, “ma oggi sono sfinita e di fronte a certe domande mi viene da vomitare“. Parole, peraltro, simili a quelle pronunciate dal suo legale, Dario Romano, che ha sottolineato come si sia tratta di “un interrogatorio da Medioevo”. L’oggetto dell’indignazione, ovviamente, sono state le domande avanzate dall’avvocato Antonella Cuccureddu, che difende Corsiglia.
La legale avrebbe chiesto alla presunta vittima di Ciro Grillo e del suo assistito quali movimenti ha fatto durante l’atto sessuale, chiedendo come mai non abbia “dato un morso” durante il rapporto orale. Ha chiesto alla ragazza “se fosse lubrificata”, oltre al modo in cui le “sono stati tolti gli slip“. L’intento, ha spiegato la legale dopo le contestazioni in aula, era di “ricostruire i fatti: discutiamo di violenza sessuale e non c’è niente di intimo. Il processo si fa per capire se è stata una cosa intima o una violenza“. Sull’ipotesi che domande simili possano causare una seconda vittimizzazione per la ragazza che denuncia Ciro Grillo e compagnia, la legale ha chiarito che “il concetto di vittimizzazione parte dal presupposto che ci sia una vittima. Il processo si fa per accertare i fatti, che sono sequenze di condotte”.