«Un’udienza drammatica», così l’hanno definita i legali di Roberta, l’amica di Silvia (entrambi nomi di fantasia, ndr), la ragazza che ha accusato Ciro Grillo e gli amici Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia di stupro di gruppo. L’emozione ha preso il sopravvento quando ha preso la parola nell’aula del tribunale di Tempio Pausania. «Io avevo solo 19 anni, per me allora è stato terrificante venire qui in procura a raccontare cos’era successo. Ci sono stati giorni difficilissimi, i giornalisti che venivano a cercarmi a casa… Non sono stati scritti i nomi ma tutti sapevano lo stesso», ha detto in aula, come riportato dal Corriere della Sera. Si è emozionata, al punto tale da chiedere di sospendere l’udienza per dieci minuti, così da riprendere fiato, ma è rimasta lucida nel ricostruire i dettagli.
«Silvia quella mattina era sconvolta», ha ricordato. Inizialmente non comprendeva le ragioni dello sgomento dell’amica, infatti non capì della violenza sessuale, anche perché l’amica non le avrebbe raccontato subito quanto accaduto. Ai giudici ha ripetuto che la vide in accappatoio vicino al letto. «Piangeva. Le ho chiesto più volte cosa fosse successo ma lei diceva “va tutto bene, non è successo niente”. E io mi sono rimessa a dormire». Roberta si è detta dispiaciuta per non aver capito cos’era successo e ha spiegato che, dopo lo scoppio dello scandalo, l’amicizia era già finita, quindi si erano allontanate, visto che non era riuscita a sostenere il peso della violenza subita da Silvia e per l’«impatto terribile che tutta questa storia ha avuto sulla mia quotidianità».
PROCESSO CIRO GRILLO, LA TESTIMONIANZA DI ROBERTA
Roberta davanti ai giudici del tribunale di Tempio Pausania ha risposto per cinque ore alle domande sul presunto stupro di gruppo in Sardegna nella notte tra il 16 luglio 2019 e la mattina del 17. Lei è la testimone chiave del processo. Dopo la denuncia di Silvia fu chiamata ia Tempio per raccontare agli inquirenti cosa sapeva di quella notte. Ma è pure parte offesa, in quanto uno dei capi di imputazione la riguarda: tre degli imputati, escluso quindi Francesco Corsiglia, quella notte girò un breve video e scattarono fotografie in pose sessualmente esplicite accanto a lei che dormiva sul divano. Roberta non si accorse di nulla, lo scoprì un anno dopo e solo allora firmò la querela contro i tre, diventando parte del processo.
Il procuratore in aula le ha chiesto di leggere un messaggio che lei stessa inviò tramite WhatsApp a Silvia a pochi giorni dai fatti. Roberta l’aveva incontrata in un bar a Milano e le era apparsa fredda e distaccata. Quindi, le scrisse un lungo messaggio dicendo qualcosa del tipo: «Scusa se non sono stata presente con te dopo quello che è capitato» e «scusa se non mi sono saputa comportare perché non ho capito quello che ti era successo». Mentre lo leggeva, Silvia stava aspettando da sola la fine dell’udienza non lontano dal tribunale. Non poteva presenziare perché non ha ancora testimoniato.
“PIETRA ANGOLARE PER RICOSTRUIRE VICENDA”
«La ragazza ha messo una pietra angolare, direi, sulla ricostruzione della vicenda», il commento dell’avvocato Giulia Bongiorno riguardo la testimonianza in aula di Roberta, riporta il Corriere. Secondo il legale di Silvia, le parole di Roberta sono «un sostegno fondamentale» per le accuse contro i quattro imputati. «È stata una udienza a tratti drammatica, perché per la prima volta il Tribunale ha potuto vedere la sofferenza delle ragazze. Oggi (ieri, ndr) non è stata ascoltata la mia assistita, ma di fatto il testimone chiave è proprio questa ragazza, che è stata particolarmente efficace e lucida», ha aggiunto l’avvocato Bongiorno.