«Se n’è andata senza urlare di dolore». Così Francesca Frezza parla della morte di sua figlia Nina. Parole strazianti quella della biologa, difficili da trovare per raccontare il calvario della piccola. «La mia Nina ha sofferto in modo indicibile», dice al Corriere della Sera. La vicenda risale all’anno scorso: la figlia è nata l’11 aprile ed è morta il 18 novembre 2019. All’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento, a Verona, si è presa il citrobacter. All’epoca parlavano di un caso isolato, ma la donna sa di almeno 15 casi e parla di condizioni igieniche allarmanti di quello che è il centro nascite più importante del Veneto. «Loro l’hanno intubata, volevano operarla, non hanno mai usato cure compassionevoli, nessuna terapia del dolore». Così ha deciso di portarla via, al Gaslini di Genova, per farle trascorrere i suoi ultimi giorni in un hospice. Ora quell’ospedale per lei sarà sempre legato al dolore provato al capezzale della piccola Nina. «Ho filmati e prove di condizioni igieniche a dir poco preoccupanti, nel reparto di Terapia intensiva in cui era mia figlia».



“CITROBACTER HA UCCISO MIA FIGLIA, FORSE I CASI SONO 15”

L’infezione da citrobacter ha attaccato il cervello della piccola Nina e non le ha dato scampo. «Io continuavo a ripetere che non avrei voluto una vita da vegetale per lei. Ma loro niente: volevano operarla per stabilizzarla. Sono arrivati a dirmi: “magari poi la può dare in adozione”. Ho raccontato tutto a verbale, l’altro giorno», racconta Francesca Frezza al Corriere della Sera. La donna è stata sentita per cinque ore in Procura a Verona, dove c’è un’inchiesta per ora senza indagati per capire cosa ha favorito il citrobacter, a partire dalle condizioni igieniche della Terapia intensiva neonatale, e se si poteva intervenire prima del 12 giugno con la sanificazione. Nessuno sa dire esattamente quanto siano i bambini contagiati, quanti abbiano riportato gravi danni neurologici e quanti invece siano portatori sani, ma i neonati morti sarebbero quattro. «Il punto nascite è sicuro, abbiamo eseguito controlli accurati su ambiente, strumenti, persone, acqua, aria», chiarisce il professor Massimo Franchi, direttore del Dipartimento materno-infantile. Peccato non lo fosse quando si sono ammalati i quattro bambini che sono poi morti.

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