Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, ha scritto con il pastore presbiteriano Marcelo Figueroa un lungo articolo contro fondamentalismo evangelicale e integralismo cattolico, tra i quali si segnala “un sorprendente ecumenismo“, evidentemente negativo per i due autori. La riflessione si concentra innanzitutto sugli Usa, dove il motto “In God We Trust” (confidiamo in Dio) è visto come “la sintesi di una problematica fusione tra religione e Stato, tra fede e politica, tra valori religiosi ed economia”.



Spadaro e Figueroa mettono in guardia dal “ruolo sempre più incisivo della religione nei processi elettorali e nelle decisioni di governo: un ruolo anche di ordine morale nell’individuazione di ciò che è bene e ciò che è male“, una compenetrazione a tratti manichea, che suddivide la realtà “tra il Bene assoluto e il Male assoluto”.



Si citano come esempi il richiamo di George W. Bush alla responsabilità di “liberare il mondo dal male” in seguito agli eventi (così definiti nel testo, ndR) dell’11 settembre 2001 e oggi i proclami di Donald Trump, la sua lotta contro un’entità collettiva genericamente ampia, quella dei “cattivi” (bad) o anche “molto cattivi” (very bad). Atteggiamenti basati “sui princìpi fondamentalisti cristiano-evangelici dell’inizio del secolo scorso, che si sono man mano radicalizzati”, influenzando con la morale religiosa i processi democratici e i loro risultati.



IL FONDAMENTALISMO EVANGELICO

Il “fondamentalismo evangelico” ha origine negli anni 1910-15, quando un milionario della California, Lyman Stewart, pubblicò 12 volumi intitolati I fondamentali (Fundamentals) per rispondere alla “minaccia” delle idee moderniste dell’epoca. Tra i suoi estimatori, anche i presidenti Ronald Reagan e George W. Bush. Questo pensiero considera gli Stati Uniti una nazione benedetta da Dio e stigmatizza i nemici “demonizzati”: gli spiriti modernisti, i diritti degli schiavi neri, i movimenti hippy, il comunismo, i movimenti femministi fino ai migranti e ai musulmani basandosi sul Vecchio Testamento piuttosto che “essere guidate dallo sguardo incisivo e pieno di amore del Gesù dei Vangeli”.

Spesso dunque la guerra “è assimilata alle eroiche imprese di conquista del Dio degli eserciti di Gedeone e di Davide” e le armi possono assumere una giustificazione di carattere teologico. Vengono invece sottovalutati i disastri ecologici, considerando gli ecologisti persone contrarie alla fede cristiana, perché leggendo alla lettera i racconti della creazione del libro della Genesi, si legittima il “dominio” dell’uomo sul creato.

Disastri naturali, cambiamenti climatici e crisi ecologica dunque sono segni che confermano la loro concezione non allegorica delle figure finali del libro dell’Apocalisse e la loro speranza in “cieli nuovi e terra nuova”, verso la resa dei conti finale tra il Bene e il Male, tra Dio e Satana.

L’ECUMENISMO D’ODIO TRA FONDAMENTALISTI EVANGELICI E CATTOLICI

Un altro fenomeno rilevante del fondamentalismo è il passaggio dall’originale pietismo puritano alla “teologia della prosperità” propugnata da pastori milionari e mediatici, per cui Dio desidera che i credenti siano fisicamente in salute, materialmente ricchi e personalmente felici. Spadaro e Figueroa li definiscono “telepredicatori della prosperità” che mescolano marketing, direzione strategica e predicazione, concentrandosi più sul successo personale che sulla salvezza o sulla vita eterna.

Infine, altro elemento è quella che gli autori ritengono essere una distorsione della difesa della “libertà religiosa“, percepita come una diretta sfida virtuale alla laicità dello Stato. Fin qui nel mondo protestante, ma Spadaro e Figueroa notano la vicinanza con i “cattolici integralisti“, accomunati dalla medesima volontà di un’influenza religiosa diretta sulla dimensione politica.

Vi è dunque una “convergenza ecumenica” su obiettivi comuni come l’opposizione ad aborto e matrimonio omosessuale o la difesa dell’educazione religiosa nelle scuole, con venature xenofobe e islamofobe, creando dunque quello che sarebbe un “ecumenismo dell’odio“, ben diverso da quello di Papa Francesco, che “si muove nella linea dell’inclusione, della pace, dell’incontro e dei ponti”. Il Papa, e con lui gli autori, esortano invece a non confondere mai l’elemento politico con quello religioso, per spezzare “il legame organico tra cultura, politica, istituzioni e Chiesa”.