Sulle pagine di Repubblica è stato intervistato Altin Dumani, capo della procura anticrimine di Tirana, che da anni combatte contro il dilagante fenomeno dei clan albanesi, simili alle nostre mafie, ma anche profondamente differenti. “L’obiettivo di questi gruppi guidati da cittadini albanesi”, spiega il procuratore, “è l’arricchimento attraverso attività illegali” che li portano anche alla “cooperazione con i clan italiani”, al fine ultime di “accumulare denaro in violazione della legge”.



Sui clan albanesi Dumani ci tiene a precisare che “il termine ‘mafia albanese’ è usato dai media e dai circoli accademici” ma non è riconosciuto dalla legge albanese. Non avrebbero strutture simili a quelle della mafia italiana, ma “sono caratterizzati da stretti legami familiari e sociali, senza una chiara gerarchia. Operano in piccoli gruppi e in collaborazione con organizzazioni locali e altri gruppi criminali”. Comune nei clan albanesi è operare attraverso la corruzione, che ha raggiunto anche “magistrati, pubblici ministeri, agenti di polizia, sindaci ed ex sindaci, un viceministro, un ex procuratore generale, un ex ministro dell’Interno”.



I clan albanesi e le mafie italiane

Il procuratore di Tirana, parlando dei clan albanesi ha anche rivelato la loro cooperazione con le mafie italiane, parlando soprattutto di “cosa nostra, ’ndrangheta, camorra o sacra corona unita”. Dalle indagini congiunte emerge come i cittadini albanesi in Italia sono “coinvolti in fatti criminali che riguardano principalmente il traffico di droga, il riciclaggio di denaro, il traffico di esseri umani, l’immigrazione illegale e le frodi informatiche”.

I clan albanesi, ad ora, si sarebbero infiltrati soprattutto a “Roma, Milano, Firenze, Venezia, Ancona, Torino, Bari, Brescia, Bergamo, Pordenone, Pisa e Lecce”, mentre recentemente a Catania “un clan collaborava con cosa nostra per riciclare una grossa somma di denaro”. Raccontando un caso interessante su cui ha lavorato, spiega che il “costruttore palermitano Francesco Zummo (tra gli uomini su cui aveva indagato il giudice Giovanni Falcone, ndr.), che ha cercato di riciclare circa 18 milioni di euro attraverso istituti bancari albanesi”.