Il clan dei Casamonica è stato riconosciuto come associazione mafiosa da una sentenza emessa dalla Corte di cassazione nell’ambito di un maxi processo che vede coinvolte circa trenta persone, tra cui anche alcuni vertici della famiglia. I giudici, come riportato da Il Sole 24 Ore, hanno contestato l’aggravante della “natura armata del sodalizio” ad alcuni boss, disponendo di conseguenza il processo di appello bis per la rideterminazione della pena. 



Per alcuni imputati in posizioni di minore rilevanza, invece, è venuta meno l’aggravante di avere agito nell’interesse del gruppo. È stata riconosciuta inoltre l’esistenza di un’associazione parallela che si occupava dello spaccio di sostanze stupefacenti con l’obiettivo di agevolare il clan principale. Le accuse più gravi sono dunque quelle di associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, estorsione, usura e detenzione illegale di armi. Nel corso del primo processo di appello le condanne più alte erano state di un massimo di 30 anni, ma adesso con il nuovo giudizio potranno essere incrementate proprio in virtù del riconoscimento dell’aggravante.



Clan Casamonica riconosciuto come associazione mafiosa: la sentenza

In occasione del primo processo di appello il clan dei Catatonica, che operava nel quadrante est di Roma, nella zona di Porta Furba, era stato descritto come una galassia formata da diversi nuclei familiari autonomi tra loro ma tutti riconducibili alla stessa discendenza. L’organizzazione avrebbe avuto una “peculiare struttura che porta i diversi gruppi ad unirsi quando c’è bisogno”. I membri sono caratterizzati infatti da un senso comune di appartenenza e da uno spirito di mutuo soccorso. Gli elementi della natura mafiosa erano dunque già emersi allora.



Ora ci sarà però un nuovo processo d’Appello nei confronti di alcuni imputati del maxi processo che ha messo un freno allo strapotere del clan. Questi, una trentina in totale, dovranno rispondere anche del reato di banda armata.