Claudio Bisio debutta come regista al Giffoni Film Festival: il prossimo 20 luglio verrà trasmesso il film “L’ultima volta che siamo stati bambini”, pellicola sulla Shoah. «Sto affrontando la terza parte della mia vita – racconta ai microfoni del Corriere della Sera lo stesso artista – da attore ho cominciato da un po’ a recitare ruoli da padre. Mi sono detto: prima che mi propongano ruoli da nonno, devo trovare qualche alternativa. Non pensavo alla regia ma alla produzione, visto che ho fondato, con mia moglie, Sandra Bonzi, una società, Solea. Cercavo storie per realizzare documentari, fiction, lungometraggi. Sandra ha letto il libro di Fabio Bartolomei che ha lo stesso titolo del film. Me l’ha consigliato, mi ha fulminato. La leggerezza dei bambini, abbinata ad un tema tragico: Seconda Guerra mondiale, Shoah. Ho acquisito i diritti con l’idea di produrre il film. Ho cercato a lungo un regista. Dopo due o tre risposte interlocutorie, i coproduttori, Massimo Di Rocco per Bartleby e Giampaolo Letta per Medusa, mi hanno proposto la regia. Non esisteva nemmeno una sceneggiatura. Ho preso qualche mese di tempo per studiare, ho accettato. Radunando attorno a me persone amiche e capaci come Italo Petriccione, direttore della fotografia e Leopoldo Pescatore, aiuto regista. È un percorso che dura da 4 anni».



Nel film due figure femminili, suor Agnese e Vanda, le più razionali, autorevoli ed emancipate dei personaggi, una sorta di ritratto di ogni famiglia: «Compresa la mia, la tua, no? Le donne sono più dritte – racconta Claudio Bisio – certo. Vanda soprattutto. Accetta Italo come capogita ma in realtà è lei che comanda». Il giornalista chiede quindi al noto attore e neo regista quando è stato l’ultima volta bambino: «Mah… Forse quando i miei genitori si separarono. Ero un bimbo ventenne, un po’ troppo cresciuto. Avevo capito che stava accadendo qualcosa di serio in famiglia, decisi di anticipare il servizio militare per poi uscire di casa, mantenendomi lavorando. Del resto i miei due figli, Alice e Federico, anni 25 e 27, sono fuori Italia ma la loro base resta questa, il luogo dove sono cresciuti». Bisio è sulla scena da ormai vent’anni, e ogni anno racconta di volersi prendere una pausa: .«Però ho rallentato il ritmo. Anche causa protesi all’anca. Ho girato l’ultimo film da attore due anni fa. Sono più tranquillo e più sereno».



CLAUDIO BISIO: “UN COMICO DI ZELIG CHE FA UN FILM SULLA SHOAH…”

Sui suoi figli Bisio racconta: «Belli, diversi tra loro, presi da fatiche simili. Alice sta lavorando a Berlino, uno stage. Ha studiato scienze politiche come la sua mamma. Federico si è specializzato in elaborazioni in 3D, si occupa di effetti speciali e postproduzioni video. In qualche modo si è avvicinato al mio mondo. Consigli? Aiuti? Neanche a parlarne. Io? Ho fatto domanda per la pensione. Un umarell pronto per i lavori stradali. Poi, qualche progetto con Sandra, dopo vent’anni di matrimonio. Viaggi, più lunghi delle solite vacanze». E ancora: «Non rinnego nulla di ciò che ho fatto in passato, oggi mi propongono solo commedie e fatico persino a leggere i copioni. Vabbè. Bellocchio non mi ha mai chiamato e mai mi chiamerà, pazienza, ma ripetere cose che in qualche modo ho già detto non mi attrae granché. La scelta di farmi operare è stata deliberata, avrei potuto aspettare. Ma intanto mi ha permesso di dire qualche no».



Chiusura dedicata di nuovo al suo film: «Un comico di Zelig che fa un film sulla Shoah? Può suonare male. Per questo non vedo l’ora che le persone lo vedano, magari apprezzando il coraggio, la voglia di affrontare un capitolo nuovo del mio percorso. Non c’è altro, nessuna strategia. Solo una bella favola che, per me, valeva la pena di raccontare e, spero, di ascoltare».