Claudio Bisio è stato intervistato questa mattina dai microfoni del Corriere della Sera, e le sue prime parole sono state per Gabriele Salvatores, che lo ha fatto debuttare al teatro e al cinema: «Devo tutto a Gabriele (Salvatores): è lui che mi ha fatto debuttare sia a teatro sia al cinema». Quindi ha aggiunto, parlando del grande regista italiano premio Oscar: «E’ un secchione pazzesco; uno che studia, guarda, vede, legge come un matto. Un atteggiamento che stupisce rispetto alla sua apparente leggerezza, al fancazzismo che sembra attraversarlo. Le prove con lui si trasformavano sempre in una partita di calcetto; non a caso si circonda di gente come me, Abatantuono, Paolo Rossi: un gruppo di cazzoni». Su Mediterraneo: «Eravamo su un’isola allora sconosciuta, c’era il cartello con la scritta “Qui inizia l’Europa”, eravamo isolati da tutto. Era l’anno del Mondiale di calcio, Italia 90, e non c’era nemmeno un televisore. Si figuri: io, Abatantuono e Salvatores senza televisore durante i Mondiali. Abbiamo fatto una colletta e mandato uno a Rodi — otto ore di traghetto — per compare un televisore in bianco e nero. Vedevamo le partite spostando ogni cinque minuti a mano l’antenna. Per me non esiste Schillaci, io lo chiamo ancora Schillazzi perché sentivamo il commento in greco».
Claudio Bisio ha quindi parlato di Paolo Rossi, considerato dallo stesso un fratello maggiore: «Ha pochi anni più di me ma l’ho sempre considerato un fratello maggiore. Ci vedevamo al Derby, che era ben diverso dallo Zelig: era il locale notturno della mala, il pubblico era fatto di gente che arrivava dalle corse dei cavalli, maîtresse e biscazzieri; non era semplice far ridere quel tipo di spettatori. Ma Paolo portava lì i testi di Stefano Benni, monologhi intelligenti e colti uniti alla sua verve comica. Gli dicevo che era pazzo, io teorizzavo che bisognava separare le anime: al cabaret improvvisavo, il mio modello era Belushi; mentre il teatro era rappresentato da Pirandello, Sofocle, Shakespeare. Fu una lunga discussione teorica. Io distinguevo le due cose, lui le univa. Ma alla fine devo ammettere che aveva ragione lui: al cabaret ha portato il teatro e in teatro ha portato il cabaret. È stato un maestro, mescolare alto e basso è stata la lezione che tanti hanno imparato da Paolino».
CLAUDIO BISIO: “VANESSA INCONTRATA UN’AMANTE REALIZZATA… SCHERZO”
L’intervista è quindi volta su Vanessa Incontrada, co-conduttrice di Zelig proprio a fianco di Claudio Bisio: «Per me lei è un’amante realizzata… Scherzo eh! L’ho conosciuta che era ragazzinissima, le voglio un bene dell’anima; quando sono in Toscana andiamo in bicicletta insieme. Tra noi c’è un afflato e una sintonia totale, so che si fida di me; anche quando la tratto male, lei sa che lo faccio per una risata. Ci punzecchiamo come Sandra e Raimondo, per questo forse ha detto che sono un marito mancato… L’ho chiamata l’altro giorno per le prove del prossimo “Zelig” (a novembre su Canale 5), mi sono raccomandato che venisse, ma dentro di me spero che non venga. Meno lei sa, più ci divertiamo». E a proposito di Zelig, Claudio Bisio ha svelato perchè ha lasciato la conduzione prima del ritorno dell’ultimo speciale: «Tutte le cose devono avere una fine, non possono continuare per sempre. Sentivo la stanchezza mia e forse anche del pubblico, o forse confondo la mia stanchezza personale con quella della comicità italiana; sentivo un po’ di ripetitività in quello che facevo e in quello che c’era intorno a me». Sul Festival di Sanremo, a cui Claudio Bisio ha presenziato due volte, prima con Fabio Fazio e poi con Claudio Baglioni: «La prima volta ero rilassato, portai un testo di Michele Serra eccezionale, giocato sul finto populismo, invitavo a mandarli tutti a casa, ma poi si capiva che era riferito non ai politici ma agli elettori, a tutti noi; è stato una bomba. Anni dopo il clima era diverso e ho fatto una grande fatica: in oltre 40 anni di carriera non mi era mai capitato di essere inseguito da troupe che volevano estorcermi mezza frase, avevamo le guardie del corpo che ci seguivano dappertutto. Io sono uno che ha sempre parlato apertamente, magari anche dicendo cazzate, ma non ho mai avuto paura di espormi, dire come la penso, senza peli sulla lingua. Invece in quei giorni lì avevo paura».
Ma Claudio Bisio chi era prima di diventare un’artista a 360 gradi? «Sono tutt’altro che figlio d’arte. Mia mamma era maestra elementare, mio papà un rappresentante che vendeva alle aziende le essenze per fare liquori. Però non mi hanno né avversato né invogliato, anche perché sono uscito di casa a 20 anni e mi mantenevo da solo. Finito il liceo ho avuto la classica crisi esistenziale dei 20 anni. Io nasco anarchico, credevo tanto nella rivoluzione — ora sorrido al pensiero — ma poi ho capito che era un’utopia. I miei si erano separati e non volevo prendere posizione; la fidanzata mi aveva lasciato… Insomma senza fare il melodrammatico, ho fatto la scelta di levarmi dalle scatole e andare a fare subito il militare». Chiusura dedicata al suo incubo più ricorrente: «Entrare in scena in ritardo ogni volta per un motivo diverso, oppure non ricordarmi le battute, non avere il costume giusto, non essere idoneo. Per fortuna non è mai successo».