Claudio Borghi Aquilini (Lega), onorevole della Repubblica italiana e presidente della V Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, è intervenuto sui propri profili social per fare il punto della situazione sulla questione Recovery fund, che tanto sta facendo parlare di sé in queste ore. “Spiegazione veloce – ha esordito Borghi Aquilini –: noi siamo sempre stati contrari al Recovery fund perché è una fregatura. Qualsiasi cosa basata sul bilancio europeo è fondata su qualcosa di cui noi siamo contributori netti. Per cui, se l’Europa dà qualcosa, significa che sto pagando anch’io, per giunta in misura superiore rispetto al mio PIL”. In buona sostanza, il deputato leghista ha affermato che il bilancio dell’Unione Europea va visto come un condominio: se aumentano le spese, il conto per chi paga raddoppia. Per cui, quelli che arriverebbero attraverso questo fund, non sarebbero soldi a fondo perduto e “su 500 miliardi di euro totali, l’Italia probabilmente ne dovrebbe pagare 85, per riceverne magari 86. Sarebbe un guadagno? No, perché potrebbero essere spesi soltanto secondo le disposizioni UE”.
CLAUDIO BORGHI AQUILINI (LEGA): “COSÌ SI INCENTIVA L’USCITA DALL’UE”
Per giunta, secondo quanto riferito nel corso della diretta sui social da parte di Claudio Borghi Aquilini, l’UE distribuirebbe i soldi del Recovery fund in base ai criteri da essa stabiliti e in base ai settori più colpiti, favorendo, ad esempio, le politiche tese a sostenere la green economy e l’avvento del 5G. Eppure, a giudizio del deputato leghista, la soluzione per uscire immacolati da questa situazione sarebbe di agevole intuizione: “Se non dessimo e non ricevessimo nulla, andremmo in pari. Così facendo, ci rimarrebbero in cassa 5 miliardi di euro in più ogni anno e dopo 10 anni sarebbero 50 miliardi: buttali via! Sarebbe tutto più semplice. Tuttavia, come vedete, il Recovery fundviene interpretato da tutti come un progetto ambizioso…”. Il rischio, secondo il parlamentare, è che si incentivi con questa mossa l’uscita degli Stati membri dell’Unione Europea dall’UE stessa, in quanto, in tale caso, il Paese che opta per l’abbandono non sarebbe tenuto alla restituzione del denaro prestatogli “e il conto da pagare rimarrebbe sul tavolo di chi resta”.