Tanto si è parlato del Russiagate e dei presunti affari tra la Lega di Matteo Salvini e Mosca, ma la realtà dei fatti era un’altra: nessuna tangente, niente di losco. E c’è di più, mercoledì il Copasir sentirà Alfredo Mantovano – che ha la delega per gli 007 – e gli verrà chiesto se i servizi sanno qualcosa del Metropol. A confermarlo il senatore leghista Claudio Borghi ai microfoni del Giornale.
“Abbiamo tre protagonisti presenti al Metropol di Mosca e tutti e tre sembrano avere un ruolo diverso da quello che immaginavamo. L’avvocato Gianluca Meranda quasi spinge i leghisti a commettere il reato, o meglio mette in bocca agli altri questa o quella frase pilotando la trama, i giornalisti dell’Espresso assistono in diretta alla fabbricazione dello scoop che a questo punto prende i colori di una macchinazione. Addirittura uno dei due cronisti, Giovanni Tizian, sale sullo stesso aereo di Meranda e il 17 ottobre 2018 raggiunge Mosca, giusto in tempo per assistere dietro le quinte, ma non troppo, al rendez-vous fra la delegazione della Lega e quella russa“, le parole dell’esponente del Carroccio. E la trama potrebbe essere capovolta, considerando che alla famosa riunione del 18 ottobre 2018 “c’è almeno un ufficiale delle spie di Mosca”.
Claudio Borghi sul Russiagate
Il racconto ufficiale fa acqua da tutte le parti secondo Claudio Borghi, rimarcando che il danno subito dalla Lega è stato ingente alla vigilia delle europee del 2019: “Non c’è stata corruzione, non c’è stato nulla di nulla, ma tutto questo lo scopriamo solo ora. E però l’innocenza della Lega è poca cosa rispetto a quello che sta venendo fuori adesso: una trappola costruita apposta per tagliare la strada al Carroccio, anche con la partecipazione di segmenti dei Servizi russi”. Sembra tutto preparato a tavolino, senza dimenticare le analogie con quanto accaduto in Austria, con il caso del vice cancelliere Strache: “Il brillante astro della destra austriaca conversa a Ibiza con una ragazza avvenente e si lascia andare a discorsi poco raccomandabili: promette commesse e appalti alla sedicente nipote di un oligarca russo in cambio di finanziamenti. Nel 2019 esce un video di quel meeting che gli stronca la carriera: Strache si dimette. In quel caso c’era sicuramente la manina di qualche apparato di intelligence, abilissimo nel confezionare dossier che poi forse sono sfuggiti di mano. Non so, ma trovo parallelismi che sarebbe interessante comprendere meglio. Non voglio formulare conclusioni che sarebbero premature, ma dobbiamo capire se c’è stato un tentativo di condizionare la democrazia e incastrare Salvini”.