Claudio Lippi, al Corriere della Sera, si racconta facendo un salto nella sua infanzia e arrivando fino al suo presente, spaziando tra le varie avventure televisive avute: “Sono sereno. Sono marito, padre, nonno. E poi come potrebbe non essere felice una persona che a soli nove anni ha visto accendersi la televisione per la prima volta?. Da bambino, racconta Claudio, “Volevo fare il cantante. Cosa che poi farò davvero perché fino al 1972 io mi sono guadagnato da vivere con la voce. Ma da bambino il canto mi procurò uno choc: mia madre mi accompagnò a fare un provino alla Rai di Milano. Il maestro mi ascoltò per qualche secondo, poi mi interruppe e prese la mamma da parte. “Signora — le disse — suo figlio è un mostro”. Mia madre pensava ad un complimento, ma lui si spiegò meglio: “No, signora, è un mostro perché ha un vocione, è troppo forte”. Lei si mise a piangere e io ne ricavai un senso di colpa che mi accompagnò per anni”.
Claudio è cresciuto in una famiglia ricca di valori e molto legata al lavoro. Raccontando del padre, dice: “Prima lavorava in una grande azienda e, in sostanza, risanava le imprese. Era spesso via, lo vedevo poco ma ero molto legato a lui. Poi, quando io ero ormai adulto, si fece convincere da un tizio a entrare in un affare, una specie di burrificio. Peccato che poi quel tizio sparì e lasciò sulle spalle di mio padre un buco finanziario enorme. Io decisi di accollarmi quel debito. Fu la prima volta che capii di aver perso tutto, fu come sentirsi mancare la terra sotto ai piedi. Ma reagii con forza e, credo oggi, con limpidezza. Non potevo lasciare la famiglia in quel baratro, non è da me. Risultato: venti miliardi di vecchie lire da ripagare in vent’anni. È stata dura, ma ce l’ho fatta”.
Il rifiuto a reality show
Nel corso della lunga carriera, Claudio Lippi ha rifiutato anche di partecipare a reality show che a suo dire non lo avrebbero rappresentato in quanto dinamiche. Al Corriere racconta di aver detto di no a “L’isola dei famosi e il Grande Fratello. Ma mi creda, non è finto snobismo e nemmeno vuol dire che io non abbia bisogno di soldi, anzi. È semplice coerenza: vado ogni tanto in qualche talk show e mi fa piacere, ma non mi si può chiedere di entrare in quelle dinamiche dove le liti, le riconciliazioni, i dissidi sono fatti per fare spettacolo. Non fa per me. Senza contare che io ho quattro bypass addosso“.
Il problema vero, spiega Claudio Lippi, è che è cambiata la concezione del talento. Se prima c’erano infatti veri conduttori e conduttrici, adesso non è più così: “C’è un dettaglio: quando ho cominciato io a fare la televisione, cioè negli anni Settanta, c’era un concetto molto definito del talento. Qualcosa da affinare, difendere, conservare, accrescere, anche tramandare, perché no. Si cresceva dentro un’azienda, si aveva dei maestri che ti aiutavano. Uno dei miei padri è stato Modugno, per esempio. Vianello lo considero un fratello maggiore. Da Corrado ho imparato l’ironia raffinata: io lo guardavo, studiavo per ore le sue parole, il suo modo di porsi. E quel talento diventava materia preziosa: ascolti o non ascolti, format o non format. Ahimè oggi vedo format più che conduttori o conduttrici”.
L’addio a Buona Domenica
Nel 2006, dopo cinque puntate di “Buona Domenica”, Claudio Lippi decise di andar via. Le conseguenze ci sono state: “Be’, non lavoro in televisione da quell’ottobre 2006. Faccia lei”. Spesso però è stato invitato a “La Prova del Cuoco”: “Intanto, mi faccia ringraziare Antonella Clerici ed Elisa Isoardi. Specie Elisa che, poverina, ha raccolto un’eredità difficilissima e, in più, era fidanzata con una persona molto famosa e divisiva, cosa che le ha attirato fucili da ogni dove. Ma non era un ruolo come quello di Buona Domenica. Me ne andai perché sentivo che non era più conforme a quello che ero e a quello che facevo”.
Qualche rimpianto, comunque, c’è: “Forse non avrei dovuto smettere di cantare. Ma negli anni Settanta sentii che le cose stavano cambiando: arrivavano i cantautori, io ero un interprete, ero un’altra cosa. Mi sentii superato. Allora mi misi a fare altro, per esempio cominciai a vendere birra, ma non mi veniva bene perché ero abbastanza noto, la gente mi riconosceva e non credeva che io fossi a lì per vendere qualcosa o, almeno, che sapessi farlo di mestiere. Così arrivò la televisione. Un po’ per caso, un po’ perché qualcuno ha creduto in quel famoso talento di cui abbiamo parlato prima”.