Claudio Pinti, oggi 38enne, nel giugno del 2018 fu arrestato ad Ancona con le accuse di lesioni personali gravissime dopo la denuncia dell’ex fidanzata Romina Scaloni, contagiata di Hiv. Per l’accusa Pinti non avrebbe detto alla donna di essere sieropositivo avendo con lei rapporti non protetti. Nel corso delle indagini l’uomo è stato accusato anche di omicidio volontario per la morte dell’ex compagna avvenuta per una malattia legata all’Hiv trasmessole da Pinti. Dopo la condanna in Appello a 16 anni e 8 mesi, dal 5 magio scorso il 38enne – ribattezzato “untore Hiv” – sta scontando i domiciliari nella casa di famiglia.
La procura ha fatto ricorso al Riesame per chiedere la revoca dei domiciliari ma sarà la Cassazione a doversi esprimere nei prossimi giorni, quasi in concomitanza con il terzo grado di giudizio a cui ha fatto ricorso la difesa di Claudio Pinti. Adesso, per la prima volta dagli arresti domiciliari, Pinti ha rotto il silenzio parlando della sua vicenda giudiziaria – che lui considera “farsa giudiziaria” – in una lunga intervista a Il Resto del Carlino. L’uomo ha puntato il dito contro i processi mediatici ed il pregiudizio nei suoi confronti. A suo dire, infatti, ci sarebbero stati degli elementi a suo favore che però sarebbero stati tralasciati nel corso delle indagini.
Claudio Pinti replica alle accuse di omicidio volontario
Claudio Pinti nel corso dell’intervista ha lasciato intendere che non tutte le dichiarazioni delle persone ascoltate siano finite agli atti, “ma solo alcune”, ed ha ribadito i suoi diritti di imputato. “Il beneficio degli arresti domiciliari non è stato un regalo da parte della Corte d’Assise di Appello”, ha precisato. La detenzione in carcere per lui non è stata semplice. In merito alle accuse, a partire da quella do omicidio volontario nei confronti della compagna poi deceduta, Pinti si è limitato a commentare: “Posso dire che era a conoscenza del mio stato di salute fin dal primo giorno che ci siamo frequentati (affermazione che trova conferma in diverse intercettazioni telefoniche di sua madre e non solo!), che ha effettuato le proprie scelte in libertà anche se in disaccordo con me, come sul sottoporsi alle sedute di chemioterapia, e che sarebbe sufficiente leggere con attenzione le perizie agli atti per comprendere cosa l’ha portata alla morte”.
Pinti si è invece detto “perplesso” sulla “assoluta mancanza di coerenza” nei confronti dell’ex, Romina Scaloni, che avrebbe chiesto di incontrarlo salvo poi fare un passo indietro. Claudio ha anche smentito quanto riportato da alcuni organi di stampa e precisato che ad impedire l’incontro sarebbe stata la Direzione della Casa Circondariale di Rebibbia.
Diffida a ex fidanzata e attesa per la Cassazione
L’ex fidanzata di Claudio Pinti, da cui sarebbe partita la denuncia, avrebbe manifestato un forte risentimento nei suoi confronti. “Comprendo il suo risentimento”, ha commentato l’uomo, “ma penso anche che chiunque, sapendo esattamente come si sono svolti i fatti si fermerebbe a riflettere un pochino di più prima di fare esternazioni poco intelligenti”. Pinti ha smentito la versione della donna ed ha precisato: “eravamo in due ed è stata la signorina in questione a pretendere rapporti non protetti, non io. Non ero certo io l’habitué di certe pratiche”, diffidando poi la Scaloni a parlare ancora pubblicamente della figlia e dell’ex compagna deceduta.
Dalle indagini sarebbe inoltre emerso un atteggiamento negazionista di Pinti per l’Aids. “Aver sottovalutato una patologia gravissima che per oltre dieci anni non ha avuto alcun effetto visibile sul mio stato di salute, e per questo motivo ho inizialmente scelto di non curarmi, non ha significato non riconoscere la malattia, ne tanto meno comportarmi insensatamente nei rapporti sociali come tutti i mass media hanno voluto far credere”, si è difeso il 38enne. Per il 38enne qualcuno avrebbe inventato fake news sul suo conto: “Sono stato definito ‘untore seriale’ per aver ’a loro dire’ contagiato oltre 200 donne. Eppure due gradi di giudizio hanno ampiamente dimostrato l’infondatezza di tali affermazioni e vorrei capire quali siano i fatti concreti sui quali, questa insinuazione, trovi fondamento”, ha proseguito, parlando di un gravissimo pregiudizio nei suoi confronti. Il suo auspicio in vista della Cassazione, è “avere, finalmente, un processo equo, degno di un Paese civile, celebrato in un’aula di tribunale da magistratura libera, scevra da qualunque tipo di condizionamento o pregiudizio”. A stargli accanto, malgrado la “campagna di diffamazione mediatica basata sul nulla”, sono stati la sua famiglia, i legali e la fidanzata.