Lo psicologo e professore Claudio Risè ha analizzato in un articolo pubblicato sul quotidiano La Verità i mutamenti che stanno segnando questo periodo storico, sottolineando una nuova direzione più introspettiva che i giovani under 35 stanno riscoprendo dopo l’esplosione di una crisi di identità, comportata da un crescente bisogno di trasgressione ed omologazione ad un pensiero comune. Lo psicoterapeuta sostiene che “la società dell’immagine, del consumo, del politicamente corretto, della trasgressione obbligatoria, dello scenario di cartone sostitutivo delle culture e saperi dei secoli precedenti non tiene più, si sta incenerendo improvvisamente, in una grande fiammata“.



Un momento di vuoto  e desolazione che era stato previsto nel novecento, citando Carl Gustav Jung che presentava già la situazione così “Hai demolito l’intera scena e dentro di te trovi soltanto cenere, cocci e rottami“. Per questo, scrive Risè, dopo aver abbandonato “la spinta collettiva omologante“, ora si torna al movimento diffuso di introversione a sostituire quello precedente di estroversione.



Claudio Risè “I giovani stanno tornando a valorizzare i contenuti profondi”

Claudio Risè prosegue nel suo articolo a ribadire come, questa società del vuoto omologante ad una cultura dell’immagine, che ha portato con sè anche il fenomeno degli influencer e un politically correct dominante, si stia esaurendo. “Ora c’è bisogno di introversione, rientrare in sè stessi per riconoscere le proprie vocazioni e non più per dare spettacolo agli altri” dice lo psicologo. Perchè “lo smaltellamento della scuola, l’ipertrofia delle comunicazioni di massa, la rimozione dell’umano” hanno svuotato le relazioni umane dal loro aspetto affettivo.



Di conseguenza, prosegue lo psicologobisogna ritrovare le immagini che abbiamo dentro, contenuti presenti e passati, personali, famigliari, religiosi, di popolo, etnia, religione, compito, destino. E tutto ciò non si trova nella massa, né nella società e nelle sue organizzazioni e poteri“. Occorre quindi “valorizzare i contenuti profondi, e non svalutarli o rimuoverli per paura e conformismo“, forse così, conclude Risè, “si potrebbe anche arrivare ad accantonare il vecchio e un po’ sgangherato sogno ottocentesco della ‘morte di Dio‘”.