Claudio Zorzi è il medico che ha curato la sciatrice azzurra Sofia Goggia dopo l’infortunio (una lesione parziale al legamento crociato sinistro e piccola frattura al perone), consentendole di partecipare ai Giochi Olimpici invernali di Pechino a distanza di pochissimo tempo. Un traguardo che nessuno si aspettava, ma che è stato possibile attraverso l’utilizzo del PRP, ovvero il “plasma ricco di piastrine”. Il chirurgo ortopedico dell’Irccs di Negrar, in provincia di Verona, ne ha parlato nel corso della puntata di Elisir andata in onda lunedì 21 febbraio.



“Il PRP si usa da anni per migliorare le situazioni articolari in presenza di artrosi e di tendinopatie. Le piastrine arricchite rappresentano dei fattori di crescita tessutali che si estraggono dal sangue e vengono iniettati all’interno dei tendini che rispondono maggiormente. È il paziente stesso che fornisce la cura, non ci sono farmaci di mezzo né conseguenti danni. È una medicina rigenerativa”, ha detto il dottor Claudio Zorzi. Non è stato soltanto il plasma ricco di piastrine, però, a regalare le Olimpiadi all’azzurra Sofia Goggia. “La lesione del legamento crociato era non completa, ciò significa che il legamento era molto stirato ma c’era una continuità di fibre. Ciò l’ha aiutata, al di là della grande preparazione atletica, professionalità e caparbietà. Il risultato si deve per lo più alla sua forza interiore”.



Claudio Zorzi, medico che ha curato Sofia Goggia: cosa è il PRP

Claudio Zorzi, il medico che ha curato Sofia Goggia prima dei Giochi Olimpici di Pechino, nel corso della sua ospitata a Elisir, ha voluto comunque sottolineare che il trattamento con il PRP non è ad uso esclusivo degli atleti, seppure sia da questi ultimi molto apprezzato. “Le tipologie di pazienti che ne fanno uso sono due: quelli artrosici che vogliono dilazionare gli interventi per età o altri motivi e quelli sportivi con tendinopatie infiammatorie da over-use. Abbiamo curato nuotatori, maratoneti, saltatori. La terapia non ha però un significato soltanto sugli atleti. Può essere utile ad esempio anche in quei pazienti giovani che sono affetti da una artrosi precoce per ragioni traumatiche e non solo”.



I risultati, nella maggior parte dei casi, sono ottimali. “Un mese dopo la fine del trattamento si inizia subito a vedere se l’effetto c’è stato o meno. Circa l’80% dei pazienti trattati mostra un effetto positivo. Quando non abbiamo effetto, inoltre, non c’è mai negatività. È comunque indispensabile accompagnare la cura con la muscolazione, ci sono dei preparatori atletici specializzati”, ha concluso.