“La clinica degli orrori” è il sinistro appellativo con cui fu ribattezzato il caso della clinica Santa Rita di Milano, esploso nel 2008, riguardante una storia oggi al centro di una puntata di Cronache criminali, format condotto da Giancarlo De Cataldo su Rai 1 a partire dalle 23:35. La vicenda, ricostruisce il programma nell’appuntamento del 30 gennaio 2023, portò all’arresto di 13 medici e dell’allora legale rappresentante della struttura, con accuse a vario titolo pesantissime: truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, lesioni gravi e omicidio.
Nella puntata dedicata al caso della “clinica degli orrori” Santa Rita di Milano, Giancarlo De Cataldo ricalca il percorso di indagine che avrebbe visto finire in manette il dottor Pier Paolo Brega Massone, chirurgo condannato per omicidio preterintenzionale (per la morte di quattro pazienti), truffa al Servizio sanitario nazionale e oltre 100 casi di lesioni tra primo e secondo procedimento. La vicenda del Santa Rita di Milano aprì una pagina sconvolgente della cronaca non solo per i reati che vi si sarebbero consumati ai danni di ignari pazienti, ma anche per il fatto che la clinica fosse ritenuta inizialmente un “fiore all’occhiello” della sanità lombarda.
Santa Rita di Milano, la storia della “clinica degli orrori” a Cronache criminali
La struttura sanitaria Santa Rita di Milano fu considerata per anni una vera eccellenza nel panorama sanitario regionale. È anche per questo che la deriva registrata con l’esplosione del caso “clinica degli orrori” avrebbe assunto un peso notevole sulle cronache nazionali. Secondo la ricostruzione, oggetto della puntata di Cronache criminali di lunedì 30 gennaio, la clinica del capoluogo lombardo si sarebbe tradotta in un luogo in cui ignari pazienti sarebbero stati considerati “corpi” da sottoporre a operazioni inutili per massimizzare il profitto producendo una truffa milionaria ai danni del Sistema sanitario.
Decine di persone avrebbero subito interventi non necessari nel reparto di Chirurgia toracica della Clinica Santa Rita di Milano guidato dal chirurgo Brega Massone, riportando lesioni gravi o gravissime. In quattro casi si sarebbe registrato il decesso di pazienti operati nella stessa clinica poi finita al centro di una inchiesta avviata nel 2007. Il processo a carico di Brega Massone e dei suoi assistenti avrebbe catalizzato l’attenzione di media e opinione pubblica per molto tempo. Le indagini sulla Clinica Santa Rita di Milano sarebbero scattate a seguito di una segnalazione anonima su presunte truffe alle casse dello Stato, ma ciò che ne sarebbe emerso avrebbe assunto contorni ancora più sconvolgenti. Le intercettazioni disposte dalla Procura avrebbero fatto emergere un quadro di elementi agghiaccianti su decine di interventi chirurgici che sarebbero stati condotti senza il rispetto di etica e deontologia medica.
Caso Santa Rita di Milano, “clinica degli orrori”: le accuse e il processo
Secondo quanto ricostruito da La Provincia Pavese, nel processo per la morte di quattro pazienti della clinica Santa di Rita di Milano, ribattezzata la “clinica degli orrori” a seguito dell’inchiesta, l’accusa avrebbe sostenuto che le persone sottoposte a intervento chirurgico presso la struttura, e poi decedute, sarebbero state portate “sul tavolo operatorio” senza motivo. Nessuna giustificazione, dal punto di vista clinico, dietro la scelta di operare i pazienti: per l’accusa, ricorda lo stesso quotidiano, gli interventi sarebbero stati condotti al solo scopo di “monetizzare” i rimborsi del Sistema sanitario nazionale a favore della struttura.
Nel 2021, riporta SkyTg24, Brega Massone sarebbe stato condannato a 21 anni e 4 mesi di reclusione nell’appello ter, pena aumentata rispetto ai 15 anni incassati nell’appello bis del 2018. L’esito sarebbe arrivato dopo che la Cassazione aveva rinviato gli atti alla Corte d’Assise d’appello milanese con richiesta di parziale riforma della sentenza di secondo grado (per contestare l’aggravante dello scopo di lucro accanto all’omicidio preterintenzionale). Per via del condono di 3 anni, la condanna complessiva (con vincolo della continuazione) ricalcolata si sarebbe ridotta a 18 anni e 4 mesi e, avendo già contato in carcere 15 anni e mezzo, l’ex primario non sarebbe tornato in cella ma destinato all’affidamento in prova ai servizi sociali per finire di espiare la pena. Brega Massone, ricostruisce inoltre Il Giorno, era stato condannato anche a 15 anni e mezzo, in via definitiva, per 55 casi di lesioni e truffe al Servizio sanitario nazionale. Rideterminata, ricostruisce Ansa, anche la pena di 7 anni e 8 mesi a carico di Fabio Presicci, l’allora braccio destro di Pier Paolo Brega Massone che sarebbe finito sul banco degli imputati per 2 dei 4 decessi. La condanna sarebbe stata di 8 anni e 8 mesi, di cui solo 6 mesi in affidamento, al netto del condono e con l’aggravante subvalente alle attenuanti generiche concesse. In primo grado entrambi erano stati ritenuti responsabili di omicidio e rispettivamente condannati all’ergastolo e a 21 anni di reclusione.