Allarme privacy per il cloud italiano: il governo americano potrebbe accedere ai nostri dati. Questo il monito lanciato da Domani a proposito del piano Colao, in particolare a proposito del Cloud Act del 2018. Il ministro per l’Innovazione digitale è al lavoro per la creazione di un cloud unico per la PA entro il 2022, con un polo strategico nazionale chiamato a gestire gli asset tecnologici «in grado di abilitare i servizi più sensibili del paese».
Sono tre i grandi gruppi che si candidano a recitare un ruolo da protagonista nel progetto per il cloud italiano: parliamo di Google, Amazon e Microsoft, rispettivamente in collaborazione con Tim, Fincantieri e Leonardo. Domani mette in risalto che gli accordi tra titolare del cloud e provider sono sbilanciati verso il provider, ma bisogna anche tenere conto di una regolamentazione internazionale complessa…
“Cloud italiano, allarme privacy”
Domani evidenzia che il regolamento europeo sulla privacy tutela i dati personali, ma non quelli aziendali. Il Cloud Act americano, inoltre, prevede la giurisdizione extra territoriale sui cloud provider delle aziende statunitensi. E’ prevista la possibilità di firmare accordi bilaterali con gli altri Paesi per consentire la reciprocità di accesso e la possibilità di poter ricorrere a un giudice contro la richiesta sia per il fornitore che per l’utente. In merito al cloud italiano e al tema sicurezza, le tre aziende italiane hanno fornite risposte diverse. Il ministro Vittorio Colao ha rimarcato che il controllo del cloud sarà italiano in data center italiani, ma Genna ha tenuto a precisare che per capire chi ha la giurisdizione bisogna leggere i contratti: «In Francia per esempio hanno creato delle policy per cui i provider devono essere europei e possono utilizzare la tecnologia americana solo su licenza». Sulla tutela dei dati italiani, al momento, non sono arrivate precisazioni…