Sultan al-Jaber, presidente della Cop28, sostiene che esistano dei metodi innovativi capaci di ridurre le emissioni di CO2 in modo efficace. È realmente così? Secondo Le Figaro, probabilmente no. I processi in questione sarebbero infatti attraenti sulla carta, ma ben lontani dal rappresentare una soluzione miracolosa per continuare a bruciare petrolio o carbone senza limiti, perché sono costosi e presentano molte limitazioni.



Il riferimento è a tecniche come la CCS (carbon capture and storage), che serve per catturare l’anidride carbonica dai camini delle fabbriche altamente inquinanti, ad esempio, per poi immagazzinarla nel sottosuolo, in particolare nei vecchi giacimenti di gas. Nel caso in cui l’anidride carbonica venga riutilizzata per un processo industriale, il processo si chiama CCUS (carbon capture, use and storage). Molti paesi, come la Francia, stanno includendo questo tipo di strumenti nei loro futuri obiettivi di neutralità del carbonio. I dubbi, però, sono numerosi. “Dobbiamo stare attenti con queste tecnologie che prevengono le emissioni di gas serra, ma non consentono emissioni negative”, ha sottolineato Philippe Ciais, specialista del ciclo del carbonio presso il CEA.



CO2, i metodi innovativi per ridurre emissioni non sono miracolosi: i problemi

Un rapporto dell’IPCC (Gruppo di esperti internazionali del Governo sui cambiamenti climatici) evidenzia che questi metodi innovativi per ridurre le emissioni di CO2 hanno uno “sviluppo ben al di sotto delle richieste necessarie per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C o 2°C”. In media, le tecniche in questione dovrebbero contribuire tra 1 miliardo di tonnellate di CO2 nel 2030 e 2-3 miliardi nel 2050. Almeno questo è ciò che sperano gli scienziati. In altre parole, però, le quantità di anidride carbonica sottratte all’atmosfera saranno molto limitate.



Ma non è tutto. Un altro problema è quello economico. I progetti per dimostrare la cattura del carbonio hanno ricevuto finanziamenti per 2,6 miliardi di dollari quest’estate negli Stati Uniti. Le spese però sono destinate a salire. I ricercatori stimano che l’utilizzo di queste tecnologie per limitare il riscaldamento globale a +1,5°C nel 2050 comporterebbe un costo aggiuntivo di 30.000 miliardi di dollari.