Cochi Ponzoni di “Cochi e Renato“si racconta in una biografia, e la presenta in un’intervista a 360 gradi per Il Fatto Quotidiano. Il protagonista della chiacchierata inizia a parlare della sua storia da lontano, ancora prima dell’avvento di Pozzetto: “Sempre stato un incosciente, non ho mai subito particolarmente le difficoltà; eppure l’ esordio è arrivato prestissimo: già a 14 anni mi esibivo all’oratorio con canzoni popolari, alcune anarcoidi. I locali? Quello poco dopo: a 16 anni uscivo la sera con Renato; noi due avevamo molta libertà di movimento, forse troppa, tornavamo a casa tardissimo, e solo ogni tanto ho preso qualche cazzotto da mia madre. Ma veramente ogni tanto, perché non si preoccupava, infatti è morta a 101 anni (riflette). E così ho conosciuto sia Gaber che Jannacci“. Di questi due grandissimi, Cochi racconta: “E’ stato proprio Giorgio a presentarmi Enzo: una sera entro in un locale e lo trovo avvolto dal suo pianoforte. Appena l’ho sentito cantare, me ne sono innamorato, le sue parole arrivavano da un’ altra dimensione personale, culturale e morale. Enzo è stato un punto di riferimento, ci ha regalato la sua amicizia e ci ha insegnato la disciplina; e poi ci passava dei testi importanti da leggere come Mrozek, Ionesco o gli autori russi. All’inizio teneva anche i contatti per noi, ci aiutava nella produzione e senza mai interessarsi a un ritorno economico. Era solo per amicizia. Ed è grazie a lui se siamo riusciti a firmare per la Rca, a Roma. Ricordo un appuntamento proprio a Roma, e dai discografici: Enzo porta Vengo anch’io, no tu no, e noi La gallina. Entrambi i brani li ascolta un celebre conduttore radiofonico e resta totalmente inorridito. Organizzano una riunione con tutti i dirigenti, e lì Enzo parte con un monologo di dieci minuti, un monologo completamente incomprensibile, una sorta di supercazzola in stile Amici miei, dove ogni tanto si comprendeva un vocabolo, solo uno, fino a concludere il tutto con un moto d’ imperio: “Per noi va bene così”. Discorso chiuso“.



COCHI PONZONI: “CREDEVANO FOSSI MORTO”

Cochi Ponzoni racconta anche un aneddoto fantastico riguardante Dario Fo: “All’inizio dell’ estate, io e Renato scappavamo da Milano per raggiungere Dario e Franca Rame a Cesenatico; un giorno, in spiaggia, proprio Dario si alza in piedi, si piazza sul bagnasciuga e poco dopo inizia a gridare di un naufragio all’orizzonte. Ed era convincente. Quindi i turisti iniziano a fermarsi e in pochissimo tempo si raduna un gruppetto di persone; noi due capiamo la situazione, ci alziamo e offriamo il nostro contributo: qualcuno dei presenti ipotizzava la presenza reale di quel naufragio, una sorta si suggestione collettiva e indotta. Così all’improvviso siamo stati protagonisti di una grande lezione di recitazione: l’attore deve far credere, credendoci. Ah, ovviamente c’era Jannacci“. L’intervistatore apre poi un’altra parentesi: “Quando è tornato in tv nel 1992, Paolo Rossi ha detto: “Nella vita dell’ uomo ci sono tre misteri: cosa ha fatto Gesù da 12 ai 30 anni; cosa ha fatto Silvio Berlusconi dal 1960 al 1975; cosa ha fatto Cochi Ponzoni dal 1979 a oggi“. La risposta di Cochi è spiazzante: “Poco prima della trasmissione gli avevo confidato un episodio del giorno precedente: ero entrato in un grande magazzino, e mi sentivo osservato. Nulla di strano, ero abituato. Però la commessa insisteva e con uno sguardo strabuzzato: “Perché mi guarda così?”, le domando. E la ragazza: “Credevo fosse morto. Sì, la televisione è il parametro, e su di me in parte lo capisco: dal 1968 al 1974 come Cochi e Renato, siamo stati molto presenti, con programmi da 30 milioni di telespettatori, numeri che oggi non esistono più. Io e Renato abbiamo preso strade differenti, ma in amicizia, ognuno con le sue scelte, e in quel periodo avevo scoperto il teatro di prosa, avevo conosciuto Ennio Flaiano…“.



COCHI PONZONI: “CON RENATO NESSUNA LITE”

Molto curioso anche l’aneddoto di Cochi rispetto ad Alberto Sordi, conosciuto sul set de “Il marchese del grillo”: “Con Sordi anni prima avevo girato Il comune senso del pudore, e già allora avevo scoperto un uomo con un lato umano spiccatissimo, lontano da quella leggenda di tirchio. Un giorno gli ho domandato di questa storia, e lui: “Mo’ te lo spiego: la mia è stata una gavetta pazzesca, ero un morto di fame. Quando sono diventato famoso hanno iniziato a rompermi le palle, tutti avevano una nonna malata da curare, e così sono stato costretto a difendermi. Se io mi sono difeso? Per me è differente, negli anni Settanta la svolta professionale mi ha portato altrove, e come ho raccontato prima, per alcuni non sono esistito più“. Cochi dice di non esserne stato dispiaciuto: “E perché? È stata una scelta consapevole, e come entrambi abbiamo ripetuto all’infinito, tra me e Renato non c’ è stata alcuna lite, siamo sempre amici come a pochi capita“.

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