«I ristori sono un primo passo, ma sono insufficienti». Così Marco Barbieri, segretario Confcommercio Milano, ha giudicato a Dritto e Rovescio su Rete 4 gli aiuti che il governo ha pensato per le attività colpite dalle recenti restrizioni anti-Covid. «Un’attività sotto i 400mila euro di fatturato ha preso 1.950 euro in media con il primo decreto ristori e 3.800-4.000 euro col secondo, ma per attività chiuse da un anno non bastano neppure a pagare la Tari», ha dichiarato da Paolo Del Debbio. Ma ha sollevato una questione tutt’altro che secondaria, denunciata da tempo dagli imprenditori: i codici Ateco. Sono stati usati per indicare le attività da “ristorare”, ma sono emersi casi controversi, tra lacune ed esclusioni, non a caso i sindacati hanno invitato il governo a rimediare. «Ci sono degli aspetti un po’ particolari sulle scelte di chiusura di alcune attività», ha spiegato Barbieri. E per rendere l’idea ha fatto l’esempio del codice Ateco per chi ha negozi di scarpe per bambino e negozi scarpe per adulti.
CAOS CODICI ATECO “SISTEMA INSUFFICIENTE PER AIUTI”
I negozi che vendono scarpe per bambini sono aperti nelle zone rosse, quelli invece che le vendono per gli adulti no. Il problema è che il codice Ateco è lo stesso, di conseguenza non rientrano nella lista dei codici Ateco interessati dai ristori. «Paradossalmente non possono percepirli, perché i codici Ateco sono uguali e quindi risultano come aperti anche se non lo sono». Più attenzione sul tema ha chiesto lo stesso senatore dem Mauro Laus. «Per poter aiutare davvero e in modo esteso il più largo numero di categorie il criterio che si basa sui codici Ateco non è sufficiente». Il capogruppo Pd in commissione Lavoro a Palazzo Madama ha spiegato che molti produttori e distributori sono tagliati fuori perché non rientrano nei parametri di quei codici. «È urgente quindi, e mi auguro che in Senato si possa modificare il testo del decreto». Nel caso sollevato da Marco Barbieri, però, non si tratta solo di includere nuovi codici Ateco, ma di controllare i casi specifici, perché tra quelli esclusi ve ne sono alcuni che lo sono legittimamente, ma solo per determinate attività che comprendono. Evidentemente è un sistema che crea più caos che agevolazioni nelle procedure.