I coefficienti delle pensioni 2025 penalizzeranno l’importo previdenziale rispetto a chi è uscito nel 2024. Il motivo è associato al montante contributivo che in questo nuovo anno è più basso: 5,608% contro il precedente 5,723% (che è rimasto valido fino alla fine di dicembre scorso).
Secondo i conteggi effettuati da Cgil, un lavoratore che alla fine della sua attività lavorativa percepisce 30.000€ (annui e lordi), rispetto al collega che esce dal lavoro nel 2024, in questo nuovo anno il montante contributivo si riduce del 2%.
Coefficienti pensioni 2025 più bassi: cosa cambia?
Anche se la riduzione dei coefficienti delle pensioni 2025 possa sembrare irrisoria (con una differenza in negativo del 2%), in realtà – come fa notare Cgil – un pensionato arriverebbe a perdere più di 326€ annui, su un totale di 5.000€.
L’esempio è stato supposto mettendo a paragone un pensionato che nel 2024 percepiva 1.250€ al mese, e chi esce nel 2025 che invece ne percepisce 1.225€ (25€ al mese in meno rispetto al collega uscito appena un anno prima).
Il responsabile del sindacato Cgil, Enzo Cigna, ricorda che i coefficienti di trasformazione vengono aggiornati ogni due anni e tengono conto delle speranze di vita. Più lunga è la speranza della vita e minori saranno le quote dei coefficienti.
Il motivo per la quale nel biennio 2023 – 2024 i coefficienti sono stati più elevati è stato per la drastica riduzione delle aspettative di vita a causa della pandemia da Covid-19.
Le preoccupazioni per i giovani
Secondo Cgil il sistema previdenziale italiano non è equilibrato, e questo meccanismo colpirà non solo i lavoratori che andranno in pensione nel 2025 ma soprattutto i giovani che godono del regime contributivo (nonché coloro che hanno iniziato a lavorare dopo l’anno ’95.
Ma le perdite aumentano per chi non riuscendo a versare 20 anni di contributi è costretto ad andare in pensione a 70 anni percependo 30€ mensili in meno rispetto a chi è uscito nel 2024: 1.367€ al mese contro 1.397€.
A gennaio 2025 le pensioni – lo ricordiamo – avranno un aumento irrisorio, poco più di un caffè al bar, e questo meccanismo “lo si deve” all’inflazione provvisoria allo 0,8% rispetto al precedente 5%.