Nuovi aggiornamenti sulla battaglia contro il coronavirus: l’Aifa ha dato il via libera alla sperimentazione della colchicina, vecchio farmaco utilizzato dai reumatologi per altre patologie. Dopo Atazanavir, Tocilizumab, Avigan e eparina, speranza riposta nel farmaco usato per trattare gli attacchi acuti gottosi e pseudogottosi. Roberto Gerli, reumatologo dell’Università di Perugia, ha spiegato ai microfoni de La vita in diretta: «Un mio giovane ricercatore ha avuto l’idea di valutare la colchicina: la prima proposta del protocollo non mi ha entusiasmato, poi abbiamo deciso di fare un protocollo direttamente attivo per il trattamento di questa infezione. Insieme alla mia associata abbiamo fatto una bozza di protocollo, mandata e approvata da Aifa lunedì scorso. Siamo in attesa di avere l’ok definitivo da parte del comitato etico dello Spallanzani, poi possiamo partire».



COLCHICINA VS CORONAVIRUS: VIA LIBERA AIFA A SPERIMENTAZIONE

«Come in tutte le situazione di infezione virale, il sistema immunitario risponde con fattori di infiammazione che sono fisiologici e si arriva a una seconda fase nella quale aumentano i fattori di infiammazione. Abbiamo scoperto che esiste un prolungamento di questa situazione infiammatoria, con il virus che quasi scompare, c’è una specie di grandine che arriva a dei livelli molto elevati. Questo è quello che determina il livello organico, una forte infiammazione che determina danni ai tessuti, nonché una serie di ischemia», ha evidenziato Gerli ai microfoni de La vita in diretta.



Il reumatologo ha poi aggiunto che la colchicina «ha una potenziale attività antivirale e una grossa capacità antinfiammatoria, ma è diverso dagli antinfiammatori che normalmente utilizziamo. Il farmaco blocca l’inflammosoma, un complesso che una volta attivato inizia a sparare “dardi”, rappresentati da questi fattori dell’infiammazione. La colchicina è in grado di bloccare questa risposta infiammatoria e riesce a mantenerla nel tempo, ma contemporaneamente non immunodeprime il paziente». Per il momento, infine, «la sperimentazione è nei pazienti appena ospedalizzati, ma ci stiamo già attivando per i trattamenti a domicilio».

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